La povertà che uccide

La povertà che uccide è la miseria, figlia dell’ingiustizia, dello sfruttamento, della violenza e della distribuzione ingiusta delle risorse. È la povertà disperata, priva di futuro, perché imposta dalla cultura dello scarto che non concede prospettive né vie d’uscita. È la miseria che, mentre costringe nella condizione di indigenza estrema, intacca anche la dimensione spirituale, che, anche se spesso è trascurata, non per questo non esiste o non conta. Quando l’unica legge diventa il calcolo del guadagno a fine giornata, allora non si hanno più freni ad adottare la logica dello sfruttamento delle persone: gli altri sono solo dei mezzi. Non esistono più giusto salario, giusto orario lavorativo, e si creano nuove forme di schiavitù, subite da persone che non hanno alternativa e devono accettare questa velenosa ingiustizia pur di racimolare il minimo per il sostentamento”. Questo scrive Papa Francesco nel messaggio per la VI Giornata Mondiale dei Poveri, dal titolo significativo: Gesù Cristo si è fatto povero per voi. Il messaggio sottolinea che la povertà è figlia delle ingiustizie e dello sfruttamento, del profitto e dell’attaccamento al denaro. La miseria che uccide nasce dalla disuguaglianza e dalla non equa redistribuzione delle risorse e della ricchezza.

La povertà che libera, al contrario, è quella che si pone dinanzi a noi come una scelta responsabile per alleggerirsi della zavorra e puntare all’essenziale. In effetti, si può facilmente riscontrare quel senso di insoddisfazione che molti sperimentano, perché sentono che manca loro qualcosa di importante e ne vanno alla ricerca come erranti senza meta. Desiderosi di trovare ciò che possa appagarli, hanno bisogno di essere indirizzati verso i piccoli, i deboli, i poveri per comprendere finalmente quello di cui avevano veramente necessità. Incontrare i poveri permette di mettere fine a tante ansie e paure inconsistenti, per approdare a ciò che veramente conta nella vita e che nessuno può rubarci: l’amore vero e gratuito. I poveri, in realtà, prima di essere oggetto della nostra elemosina, sono soggetti che aiutano a liberarci dai lacci dell’inquietudine e della superficialità”. Papa Francesco ci aiuta a riflettere su noi stessi, sul nostro atteggiamento, sul nostro agire, per trovare la strada che ci fa sentire “fratelli tutti” e “sorelle tutte” in un unico grande abbraccio dove non c’è più la povertà perché non c’è più la ricchezza. L’unica ricchezza è quella dentro il cuore di ognuno di noi, è l’amore vero e gratuito.

Il messaggio di Papa Francesco è critico anche nei confronti dei tanti cristiani, cattolici, che non ascoltano le parole del Signore, che son indifferenti e fanno finta di non vedere i poveri e la miseria, le ingiustizie e lo sfruttamento.

Davanti ai poveri non si fa retorica, ma ci si rimbocca le maniche e si mette in pratica la fede attraverso il coinvolgimento diretto, che non può essere delegato a nessuno. A volte, invece, può subentrare una forma di rilassatezza, che porta ad assumere comportamenti non coerenti, quale è l’indifferenza nei confronti dei poveri. Succede inoltre che alcuni cristiani, per un eccessivo attaccamento al denaro, restino impantanati nel cattivo uso dei beni e del patrimonio. Sono situazioni che manifestano una fede debole è una speranza fiacca e miope. Sappiamo che il problema non è il denaro in sé, perché esso fa parte della vita quotidiana delle persone e dei rapporti sociali. Ciò su cui dobbiamo riflettere è piuttosto il valore che il denaro possiede per noi; non può diventare un assoluto, come se fosse lo scopo principale. Un simile attaccamento impedisce di guardare con realismo alla vita di tutti i giorni e offusca lo sguardo, impedendo di vedere le esigenze degli altri. Nulla di più nocivo potrebbe accadere a un Cristiano e a una comunità dell’essere abbagliati dall’idolo della ricchezza, che finisce per incatenare a una visione della vita effimera è fallimentare”. Perché sia fatta uguaglianza e i poveri liberati dalla miseria e i ricchi dalla vanità. Solo un Papa come Francesco poteva dire parole così belle, così intense, così vere, così coraggiose, così umile, talmente umili che mai nessun altro Papa aveva avuto il coraggio di dire.

di Claudio Caldarelli

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