Anche Super Mario è venuto giù come la Marmolada

La torrida estate del ’22 sarà ricordata per due eventi del tutto inaspettati. Il crollo del ghiacciaio della Marmolada, avvenuto domenica 3 luglio e quello successivo del governo Draghi di mercoledì 20 luglio. Davvero del tutto imprevisti? Le ricostruzioni successive ai due eventi dimostrano che “del tutto imprevisti” non è che un altro modo di definire ciò che andrebbe più correttamente chiamato “cecità umana”. Le alte temperature estive e la scarsezza di nevicate invernali, hanno creato delle fenditure più o meno ampie in diversi punti del ghiacciaio. In queste si è infiltrata in profondità l’acqua sciolta dal calore in superfice. Tale massa idrica ha sia spinto meccanicamente sulla parete crepata – che in quel punto raggiungeva una pendenza del 30% –, sia facilitato lo slittamento da sotto, e dunque il distacco di un immane seracco, o blocco di ghiaccio facente parte di una placca glaciale dalle dimensioni di diverse miglia di metri quadri. Non a caso l’hanno chiamata Apocalisse 4800, perché neanche alla quota del Monte Bianco, 4810 m, il termometro riesce più a scendere sotto lo zero termico. Totale: i ghiacciai non possono che sciogliere, con conseguenze letali per uomo e natura.

L’alta temperatura – non solo e non tanto esterna – ha investito in pieno anche Super M. L’aumento di calore era da tempo in costantemente in ascesa, proporzionalmente a quello della febbre energetica, economica e inflattiva, acuito dal perdurare della guerra di Putin all’Ucraina. Era davvero “del tutto inatteso” che si arrivasse al grado irreversibile di fusione, scioglimento? Solo se si voleva continuare a essere ciechi su due oscurate – se non addirittura negate – patologie cruciali: quella sociale e quella ambientale, ormai inseparabilmente intrecciate tra loro. Ne è emblema un emendamento fatto inserire dalla rappresentanza parlamentare berlusconiana e approvano a maggioranza nel Decreto Legge Aiuti. Emendamento che in un sol colpo peggiora sia le già pessime condizioni di lavoro nel settore strategico della Logistica, sia quelle dell’ambiente si tutto il territorio non solo nazionale. È infatti abolita la norma che obbligava le grandi capofila della distribuzione di farsi carico dei costi – quali salari e contributi – non versati ai lavoratori dalle miriadi di cooperative al limite della legalità cui affidano i loro appalti. Nello stesso tempo, invece di aumentare – come obbligherebbe a fare il Pnrr – le quote di trasporto su ferro, diminuendo quelle su gomme, si conservano e anzi si aumentano proprio queste ultime, con un costi ambientali sempre più critici. Non solo per l’Italia, ma per l’intera Europa, attraversando le rotte delle flotte dei Tir ogni confine continentale.

Emblematicamente l’ostinata negazione del salario minimo e il ritorno non solo al nucleare ma addirittura al carbone, descrivono una transizione, sempre più schierata dalla parte del grande capitale di distruzione planetaria. La temperatura non poteva così che raggiungere e superare la soglia critica, perché il silenzio su quelle due questioni si sarebbe abbattuto elettoralmente con lo stesso fragore di rotolamento di un seracco di ghiaccio e rocce proprio su chi a tali questioni doveva dare voce, corpo e legislazione istituzionale. E questo tanto più si avvicinava la naturale fine della legislatura, con la scadenza elettorale nella primavera 2023.

Il cuore mai usato, di eterno ghiacciaio – secondo la nota battuta – del super banchiere e del suo governo è così venuto di colpo giù, proprio come quello della Marmolada.

Nella crisi della politica, della democrazia contemporanea, l’Italia ha esperito l’innesto nel sistema di governo parlamentare di uno dei massimi tecnici economici riconosciuti a livello planetario. L’innesto si è rivelato fallimentare. Draghi, infatti, era abituato a dirigere la politica monetaria dell’intera Europa con un board, un empireo esecutivo di appena sei persone, sette con lui. In Italia suo mandato governativo era limitato a due soli grandi obiettivi: contenimento della pandemia; realizzazione del Pnrr. Ma inesorabilmente si è trovato ad affondare dentro il grande blob, la pervasiva melma di quel particularismo, bizantinismo di contrapposizione e scomposizione che rappresentano e incrementano proprio l’attuale declino della politica.

Un’agenda Draghi, cui un composito schieramento si sta richiamando, può però funzionare senza di lui? Senza che quel 50% di apprezzamento popolare che lui ancora rappresenta, sia direttamente speso dalla sua persona nell’agone elettorale? Super M, però, potrà realisticamente trovare la convinzione di farlo se non gli si garantiscono quelle precedenti condizioni esecutive da board della Banca Centrale Europea?

E il ritorno a un governo parlamentare classico, chiunque lo componga e lo diriga, può essere ancora una speranza, riservare addirittura una sorpresa, e non prefigurare, invece, e fin da ora l’ennesima illusione, se non proprio spaventosa chimera?

A volte – tra pestilenze e guerre – veniamo colti dall’impressione che la metafora più calzante della contemporaneità risalga al Settecento. È quella del Barone di Münchhausen, personaggio realmente esistito, ma celebre soprattutto per le romanzesche avventure letterarie che ispirò. Il Barone che sta lentamente sprofondando con il suo cavallo nelle sabbie mobili d’una palude e tenta di uscirne, tirandosi su dal codino dei suoi capelli è l’immagine più folgorante della nostra condizione presente.

di Riccardo Tavani

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