Noi e il fianco debole del mondo

Nel secolo scorso era chiamato il Fianco sud della Nato. Eravamo noi, l’Italia. Confinavamo all’esterno con le propaggini dell’impero sovietico; all’interno con il più grande Partito Comunista dell’Europa occidentale. Il Partito Comunista Italiano, infatti, a quell’impero dell’Est era legato e alleato. L’altro confine critico era quello diviso dal Muro di Berlino tra la Germania Est, serrata dentro la Cortina di Ferro dell’ex Unione Sovietica, e quella Ovest, con capitale Bonn, sotto l’ombrello Nato. Quest’ultima, però, non aveva al suo interno un partito comunista politicamente, socialmente e culturalmente così capillarmente esteso e radicato come quello italiano. Su quel cruciale fianco sud, dunque, era imperniata una grande parte dell’attenzione e dello sforzo strategico-militare atlantico. Lungo di esso, infatti, passava una linea di faglia e possibile frattura geo-politica molto delicata: nell’arrocco difensivo Nato rappresentava un punto potenzialmente debole, attaccabile dall’opposto campo strategico.

Il gioco degli scacchi – che simbolicamente rappresenta quello della guerra – si fonda proprio non solo sull’attacco o sulla difesa di un fianco debole, ma sulla sua creazione fin dalle prime mosse sulla scacchiera. Creazione ambivalente. Ossia: si può muovere per creare una debolezza nel campo opposto, su cui poi insistere con i propri pezzi; o trasformare tale debolezza, e addirittura crearla surrettiziamente al proprio interno, per attirarvi dentro l’avversario, avvolgendolo poi con un violento contrattacco. Alla stregua delle arti marziali orientali in cui si attira nel vuoto, assecondandola, la spinta con cui l’avversario ci attacca, per rovesciarla dinamicamente a nostro vantaggio, fino a farlo ruzzolare in nostro dominio.

Sulla scacchiera bellica internazionale – in scala e con complessità proporzionalmente più vaste – sta avvenendo qualcosa di simile. La Russia ha invaso militarmente il confinante e indipendente Stato dell’Ucraina, facendo scempio di ogni trattato internazionale. In quanto a questi, si sa che ai fini degli scopi di potenza di una nazione essi non hanno mai avuto un valore superiore al mero pezzo di carta su cui sono pomposamente redatti e firmati. L’importate, però, che alla fine l’aver gettato nel cesso della Storia quei pezzi di carta porti a conseguire la stipula di altri a proprio vantaggio. È indubbio che l’equilibrio su cui si è retto tutto il cosiddetto secolo breve, era imperniato sull’equilibrio del terrore atomico rappresentato dagli arsenali nucleari di Stati Uniti d’America ed ex Unione Sovietica. Il crollo del Muro di Berlino – concrezione di tale equilibrio ha condotto allo stravolgimento del precedente status quo. Stravolgimento amplificato da uno sviluppo tecnico e scientifico in ogni campo, il quale ha davvero reso l’assetto definito nel secolo scorso un ferro vecchio da schiacciare in qualche sfasciacarrozze della Storia.

La mossa d’attacco russa sulla linea di faglia ucraina è tesa ha creare un fianco debole, vacillante, oscillante proprio al confine con l’Europa, allo scopo di conseguire il nuovo equilibrio del terzo millennio tra le potenze mondiali. Dobbiamo domandarci, però, se la Russia non sia stata attirata su tale linea di faglia proprio dagli Usa e dalla Nato, quale suo principale strumento militare su scala mondiale. Attirata tramite la costante pressione strategico-militare attorno ai confini russi. Pressing espansivo mantenuto sì dentro i limiti formali dei trattati internazionali, ma che non poteva che essere sensibilmente registrato, alla stregua di un sismografo vulcanico, all’interno del poligono di forze tra le potenze mondiali.

Tra queste potenze neo-tecno-economiche quella di maggior spicco è la Cina. Lo è al punto tale che si preconizza il 2028 come anno di possibile sorpasso della ricchezza economica cinese su quella americana. E che nella partita a scacchi planetaria gli Usa debbano configurare un fronte debole, di logoramento, verso la Cina questo è indubbio. La Russia – per la convergenza ormai consolidata di molti dei suoi interessi con quelli cinesi – rappresenta oggettivamente questa grande casella da indebolire tramite continuo attacco e messa sotto scacco. L’aggressione militare russa, con la necessità atlantica di sostenere con armamenti l’Ucraina, schiude di fatto agli Usa la possibilità di configurare tale fronte debole. Fronte anch’esso, non solo una volta, ma tre volte ambivalente.

Due volte, perché esso non può che coincidere con quello scelto dagli stessi al limitare dell’Europa. Tre volte, invece, perché anche per la Cina appare ora necessario sostenere la Russia, affinché quella linea di faglia si rovesci – proprio come nelle tecniche d’arte marziale orientale sopra richiamate – in spina nel fianco di logoramento non solo degli Usa, ma dell’intero Occidente. L’Europa, infatti, rappresenta la fondazione storico-ontologica dell’intero Occidente. Senza quel suo antico fianco sud, rappresentato innanzitutto da Atene e poi da Roma, non si sarebbe proprio potuto costituire ciò che ancora oggi chiamiamo Occidente. Né come potere del pensiero e dell’azione, né come estensione geografica e politica da quel potere discesa lungo i secoli dell’umana vicenda storica. Tanto che l’intero pianeta ha finito per occidentalizzarsi.

Occidente – lo abbiamo qui ripetuto più volte – significa terra dell’occaso, sfondo su cui appare, accade il tramonto. Dunque quel fianco debole del mondo, necessariamente, siamo noi, anzi, è in noi proprio come mondo. Proprio per tale ragione, però, niente può impedirci di risalire con la percezione, la coscienza, il pensiero a quell’origine, per testimoniare la visione e le propaggini aurorali di un inedito cammino.

di Riccardo Tavani

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