Quale Cristianesimo?

Il viaggio del Papa in Kazakistan ci pone una domanda che credo meriti di essere pensata: qual è l’essenza autentica del cristianesimo e che cosa può dare al mondo odierno? La domanda sorge spontanea nel vedere il vescovo di Roma parlare continuamente di pace, parlare del Kazakistan come di un paese ponte, un paese di Incontro, baciare e abbracciare Imam e rappresentanti di altre fedi con l’intento di costruire un dialogo che sia foriero di prospettive di pace, partecipare ad un incontro internazionale di leader religiosi insieme a musulmani, buddisti, ortodossi, nel fermo proposito di continuare ad abbattere muri. A questa testimonianza del Pontefice credo non si possa evitare di accostare come sua antitesi quella di Kirill, patriarca di tutte le Russie, che esprime con grande forza simbolica e risonanza mediatica un paradigma opposto di cristianesimo.

Kirill, che doveva incontrare Francesco proprio in occasione del congresso dei leader religiosi, ha scelto di non partecipare all’incontro internazionale in Kazakistan, dando un forte segnale di esclusività e di scelta deliberata di erigere nuovi muri piuttosto che abbattere quelli esistenti.

Kirill non solo non si adopera per la pace, ma recentemente, bardato dagli splendidi paramenti d’oro simboli del prestigio e del potere dei patriarchi di Mosca, ha pregato per Vladimir Vladimirovič Putin, per i generali, per i soldati russi affinché il Signore Gesù Cristo li illumini e guidi alla vittoria nella Santa Guerra. La scissione nel cuore del Cristianesimo è dunque possente, dolorosa, profonda, e, se guardiamo alla realtà contemporanea con un po’ di profondità, possiamo vedere che quella al cuore della tradizione cristiana è una dicotomia archetipica che poi ci ritroviamo ovunque in tutta la nostra quotidianità, declinata negli ambiti più disparati. Nella politica, nella cultura, nella società, ovunque, a vari livelli e vari gradi che in questa sede non è possibile sviscerare con l’attenzione che meriterebbero, ci troviamo di fronte al riproporsi di una tale polarizzazione di fondo: muri o ponti; accoglienza o confini; chiusura o dialogo; incontro o distinzione delle divergenze e delle identità. Una polarizzazione dolorosa, perché spesso accompagnata da un manicheismo di fondo che porta alla demonizzazione dell’Altro e alla assolutizzazione delle proprie verità. Il problema è complesso, secolare, urgente, e credo che proprio attraverso una nuova sintesi cristiana che risani le ferite provocate da questa scissione possa nascere quella nuova necessaria ottica culturale che possa finalmente portare le nostre civiltà fuori dalla palude di questa crisi terminale.

di Giacomo Fagiolini

 

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