La sinistra che non c’è batta un colpo

C’è una radicale, profonda iniquità in questa fotografia elettorale del Paese: la sinistra non c’è. Scomparsa. Dispersa in piccoli e piccolissimi partiti e ancor di più nel partito dell’astensione. C’è soprattutto iniquità nei risultati ottenuti con una legge “incostituzionale” con la quale sono stati chiamati al voto 51 milioni di elettori. Una legge antidemocratica che cancella chi non raggiunge il 3% dei voti e premia oltre misura chi prende un solo voto in più. Una deformazione mostruosa della rappresentanza e della rappresentatività. Una legge orribile, voluta dal PD di Renzi, mantenuta dal Pd di Zingaretti è confermata dal PD di Enrico Letta, unico vero grande sconfitto di queste elezioni. La miopia politica di questo segretario e del suo gruppo dirigente, hanno consegnato il paese alle destre, facendo triplicare i voti della Meloni e di FdI, unico partito vincitore, anche se una mezza vittoria l’ha ottenuta Conte con il M5Stelle orfano della scissione di Di Maio, che ora è fuori dal parlamento.

Astensione record e esito del voto sono frutto del divario impressionante fra paese reale e la sua traduzione nella politica organizzata. Non c’è più la sinistra, quella sinistra incapace di raccogliere le istanze, i bisogni e le necessità dei giovani, delle donne, delle lavoratrici, dei pensionati. Non c’è quel partito di giustizia sociale e ambientale, che dialoghi, organizzi e ricomponga lo scenario partendo dal basso.

Si astiene il 36,2% degli aventi diritto al voto. Il centro-destra ottiene il 44% . Il partito di Giorgia Meloni in 4 anni ha sestuplicato la sua forza. È una sveglia per tutti. Un passo verso quella convergenza fra uno scenario vecchio-stile di normalizzazione neoliberista e uno scenario autoritario.

C’è un divario spaventoso tra società civile e società rappresenta, tra necessità e bisogni e ricchezza in mano di pochi. La disuguaglianza, in ogni settore sociale aumenta senza che nessuno ne raccolga il grido di disperazione. Un continuo SOS lasciato cadere nel vuoto dei programmi politici, tutti appiattiti intorno alla inesistente agenda Draghi. Nessuna voce, a dire che l’agenda Draghi è l’agenda del “padrone” cioè delle banche e della finanza. La disuguaglianza sociale, economica e finanziaria, una forbice in espansione,  resa tale dalla assenza di un partito capace di costruire un fronte largo, talmente largo da rappresentare questi bisogni. Inesistente la capacità e il coraggio di visione, non raccolte le pratiche, il metodo, le proposte di migliaia di esperienze del paese, nei campi fondamentali, della cura delle persone e dell’ecosistema, dell’organizzazione e dignità del lavoro, dell’uso giusto del digitale, della tutela dei diritti civili e della lotta a ogni forma di discriminazione e razzismo, che rappresentano i mattoni di uno sviluppo mirato alla giustizia sociale e ambientale con al centro le persone. Tutto questo non è stato raccolto, tutto questo ha generato astensione. Tutto questo non ha riattivato la volontà di rappresentare e riattivare i desideri nel PD. Enrico Letta si è chiuso alla possibilità di essere di sinistra, perché ha scelto, insieme al gruppo dirigente, di essere altra cosa è di negare aspettative e progettualità e quindi economia sociale e coesione. Ma in tutto questo nefasto risultato elettorale, i veri sconfitti sono i giovani, ai quali vengono negati i sogni e il lavoro. I veri sconfitti sono le donne alle quali vengono negate le opportunità. I veri sconfitti sono i lavoratori e le lavoratrici ai quali vengono  negati i diritti e continuano a morire, tutti i giorni, sul lavoro. I veri sconfitti, sono i migranti che affondano in mare o che vengono torturati nei lager. I veri sconfitti, di queste elezioni, sono le persone di sinistra che ancora cercano una sinistra che non c’è più e che dovrà, per forza di cose essere ricostruita intorno ad un progetto partecipato, fondato sul rispetto della nostra Madre Terra e sulla lotta alle disparità e disuguaglianze, redistribuendo la ricchezza per una decrescita rispettosa della natura.

di Claudio Caldarelli

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