Uccisa Hadith Najafi, simbolo delle proteste in Iran

Capelli biondi, senza velo, raccolti in una coda, a volte in uno chignon, pronta ad affrontare la repressione della polizia. Con questa immagine immortalata in un video girato nel corso delle proteste in Iran, specie quelle scoppiate a seguito dell’uccisione della 22enne Mahsa Amini, ragazza curdo-iraniana morta dopo essere stata arrestata perché una ciocca dei suoi capelli usciva dal velo, il video di Hadith Najafi era diventato uno dei simboli delle manifestazioni contro il regime degli ayatollah. Aveva solo 20 anni quando il 24 settembre scorso, è stata uccisa dalle forze di sicurezza iraniane a Karaj, vicino Teheran. La ragazza è stata brutalmente ammazzata con sei colpi di proiettile che l’hanno colpita al petto, al viso e al collo.

E più le proteste si trasformano in una vera rivoluzione, più diventa dura la repressione.

Continua dunque a salire paurosamente il bilancio delle vittime: 54 morti, tra cui dimostranti e forze dell’ordine secondo la Ong Iran Human Rights, che ha sede a Oslo, oltre 700 arresti e 1.200 le persone identificate. In manette sono finiti anche i reporter, secondo il Comitato per la protezione dei giornalisti (Cpj), almeno 17 sono stati fermati dall’inizio della protesta.

Una situazione di allerta che il regime teocratico intende contenere. Per questo il capo del potere giudiziario iraniano ha sottolineato “l’urgenza di una risposta che sia decisa e senza indulgenza” contro gli  istigatori dei disordini, i peccatori, coloro che osano ribellarsi al regime, che osano pensare e pretendono di difendere diritti ormai negati da troppo tempo.

Un tempo che però sta per esplodere.

Una richiesta in linea con quanto annunciato dopo nove giorni di manifestazioni anche dal presidente ultraconservatore Ebrahim Raisi, che ha chiesto alle forze dell’ordine di agire “con fermezza” contro i dimostranti, aizzati a suo dire dagli occidentali. Perché ormai i giovani di oggi hanno accesso ad Internet e sanno che ciò che vedono non collima con ciò che loro vivono sulla propria pelle. Così, molto poco furbescamente, le autorità sperano di limitare l’accesso ad Internet perché solo così potranno controllare e prevenire le azioni dei dimostranti in rivolta contro decenni di oppressione.

L’Unione Europea condanna l’Iran.

L’Alto Rappresentante per la Politica Estera, Josep Borrell, ha dichiarato che “per l’Ue e i suoi Stati membri, l’uso diffuso e sproporzionato della forza contro manifestanti non violenti è ingiustificabile e inaccettabile. I cittadini in Iran, come in qualsiasi altro Paese, hanno il diritto di protestare pacificamente. Tale diritto deve essere garantito in ogni circostanza”. “L’Ue – ha aggiunto – valuterà tutte le opzioni a sua disposizione in vista del prossimo Consiglio Affari esteri, per affrontare l’uccisione di Mahsa Amini e il modo in cui le forze di sicurezza iraniane hanno risposto alle manifestazioni che ne sono seguite”, ha aggiunto.

Solidarietà al popolo, alle donne e ai giovani iraniani è giunta oltre che dall’Europa anche dagli Usa. Ultimo in ordine di tempo il consigliere nazionale per la Casa Bianca, Jake Sullivan che alla Nbc news ha dichiarato che gli Stati Uniti “sono accanto agli iraniani che chiedono un futuro migliore”.

E così empatia e vicinanza anche dalle principali piazze mondiali, dal Canada agli Stati Uniti, dal Cile all’Europa tutta. Una solidarietà che si è espressa anche e soprattutto nei simboli, come il canto in persiano di “Bella ciao”, intonato da una giovane iraniana e diventato anch’esso virale sui social. Tutto il mondo ha potuto vedere questa ragazza che interpreta la canzone partigiana diventata un simbolo universale di resistenza.

E anche se ormai questo fiume umano non accenna a fermarsi come dimostrano le manifestazioni contro il governo di Ebrahim Raisi, anche fuori dai confini, giungono notizie di una bomba molotov lanciata nella notte ad Atene contro l’Ambasciata della Repubblica Islamica.

Due persone in sella ad una moto con il volto coperto hanno scagliato l’ordigno contro il muro della sede diplomatica. Altre 200 persone si sono riunite in piazza Syntagma, nel centro della capitale greca, per denunciare le repressione delle proteste da parte dell’Iran.

Insomma se sicuramente la situazione sembra che stia sfuggendo di mano al regime, dopo tante parole di solidarietà da parte dell’Occidente, a questo punto tutti ci aspettiamo non più parole ma azioni, fatti, interventi veri per salvare un popolo che da troppi anni non può vivere, oggetto di indicibili oppressioni.

Il popolo iraniano non può essere illuso anche in questo.

Non ancora una volta.

Perché ricordiamoci che adesso parliamo di Iran e oggi l’Iran siamo noi.

Domani potremmo ritrovarci noi nelle stesse condizioni. Ormai non esistono confini, non ci sono muri, lì dove un regime si sente legittimato ad estirpare i diritti fondamentali dell’uomo, quelle proteste servono anche per salvare noi e non si può rimanere impassibili.

Va bene la solidarietà, le accuse, la vicinanza di altri popoli ma ormai servono  le azioni, interventi studiati a tavolino perché si fa sempre più pressante nella mente umana, che quando “noi saremo in difficoltà”, sappiamo che riceveremo solo parole di comprensione e vicinanza.

Nessun popolo dopo anni e anni di repressione merita anche questa assenza di azioni, gesti, iniziative, scontri a livello politico, condotte legalmente riconosciute per porre fine a tanto orrore.

Perché si, tutto può essere commovente ma appare anche come l’ennesima mossa per lavarsi le anime un po’ arrugginite da quel vero e sano impulso a rimboccarsi le maniche per salvare i nostri fratelli. E se anche noi abbiamo il cuore in disuso, allora facciamo qualcosa per riportalo a pulsare di vero amore e limpida solidarietà.

di Stefania Lastoria

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