Doppi anniversari

Il 28 ottobre mi trovavo a Salonicco, in Grecia, con alcuni amici del “Progetto Monte Athos”, in attesa di proseguire il nostro viaggio per il Sacro Monte. Volevamo trascorrere la mattinata tra i mille negozietti di piccolo antiquariato e le viuzze del grande mercato con i suoi banchi di erbe e spezie, ma trovammo tutto chiuso, come fosse domenica, anzi, come fosse il giorno di Natale. Non sapevamo perché, non ci era mai capitato.

Chiedemmo, e ci fu risposto che era festa nazionale, per la ricorrenza del “giorno del no”. Anche questo ci lasciava perplessi, non ne avevamo mai sentito parlare. Ed ecco che cosa abbiamo imparato quel giorno, con nostro grande sconcerto.

Il 28 ottobre del 1940 il governo italiano consegnò alla Grecia un ultimatum: entro 3 ore dovevano lasciare che l’esercito italiano entrasse nel loro territorio ed occupasse alcuni punti strategici per fronteggiare l’esercito britannico.

La popolazione greca scese per le strade gridando il suo NO alla vergognosa proposta italiana, e il loro governo respinse l’ultimatum. Come minacciato, l’esercito italiano varcò il confine greco con la forza, subendo una pesante sconfitta, una delle molte di quella guerra, che non so se definire più folle o scellerata.

Per ironia della sorte, il 28 ottobre è anche l’anniversario della marcia su Roma, che per fortuna quasi nessuno festeggia, salvo poche migliaia di fascisti riuniti a Predappio, che proprio non riescono a ricordare quanto lutto e distruzione abbia portato il loro eroe pelato con le sue azioni, e quanto ridicolo con i suoi discorsi. Fatto sta che mi sono trovato preso, per così dire, nel mezzo di due anniversari che più diversi non potevano essere e che, per diversi motivi, entrambi mi hanno suscitato dolore e vergogna.

Quella imprevista duplice ricorrenza mi ha fatto riflettere su un concetto che oggi è tornato politicamente di moda: il patriottismo.

Il gesto dei greci fu indubbiamente patriottico. Ma, paradossalmente, anche gli italiani dell’epoca si vantavano di essere patrioti. Così la data del 28 ottobre ci ricorda con grande evidenza che quel concetto è piuttosto ambivalente e che in nome della patria sono state compiute sia azioni sublimi, sia azioni indegne. Ed allora, che senso dare al patriottismo? Come capire se e quando sia un valore o un disvalore?

Per avere una risposta sensata, credo che possiamo rammentare alcuni fatti e personaggi storici (scusandomi se mi ripeto, perché ne ho già parlato altre volte).

Nel 1849 un gruppo di patrioti diede vita alla Repubblica Romana. Che lo fossero, lo hanno dimostrato dando la vita per la patria, l’Italia, pur se ancora non realizzata. Uno di loro compose i versi che ancor oggi cantiamo come inno nazionale, e che era vietato dal patriottico regime fascista.

Ci hanno lasciato in eredità, oltre a quei versi, la Costituzione di quella Repubblica, che così recita in materia di patria, nazionalità e cittadinanza:

“La Repubblica riguarda tutti i popoli come fratelli: rispetta ogni nazionalità: propugna l’italiana” (Art. IV dei Principi Fondamentali).

“Sono cittadini della Repubblica: (omissis) gli stranieri col domicilio di dieci anni” (Titolo I, punto 1).

Ecco, questi due articoli chiariscono proprio bene il concetto. Un patriota vero rispetta il patriottismo – e quindi la patria – dell’altro, riconosce in ogni straniero un fratello, pur se di lingua diversa o di diverso incarnato. I greci che davvero difesero i loro confini hanno meritato di chiamarsi patrioti, gli italiani che li aggredirono no, erano solo nazionalisti. Quelli che oggi pretendono di “difendere i confini italiani” da poche centinaia di migranti salvati in mare non meritano di chiamarsi patrioti: sono, ancora una volta, soltanto nazionalisti. Infine, un vero patriota non nega la cittadinanza a uno straniero che vive da dieci anni sulla sua stessa terra: se lo fa, è solo un nazionalista.

C’è, poi, un secondo aspetto della questione.

Alcuni italiani – tra cui spiccano Altiero Spinelli ed Alberto Rossi – immaginarono, nel Manifesto di Ventotene del 1941, una nuova Europa confederata, che consideravano necessaria a prevenire altre future guerre. La nuova Europa avrebbe dovuto avere un suo parlamento e un suo governo, con competenze in campo economico e di politica estera. Purtroppo, questo non si è ancora pienamente realizzato, perché il nazionalismo ancora prevale, nessun Paese vuol cedere un pezzetto della propria sovranità per realizzarne una comune e più grande. È vero che non ci sono state più guerre tra i Paesi dell’Unione Europea, ma quanti inutili litigi, quanti egoismi sovranisti! Così, ci si limita ad avere un’Europa zoppa, inconsistente in politica estera, ancora irrealizzata rispetto alle sue grandi possibilità.

In fondo, anche oggi contano più i nazionalismi che il patriottismo, quello vero. Non tutti, a quanto pare, hanno capito qual è la differenza.

Un altro doppio anniversario è stato il 9 novembre: il “Giorno della libertà”, con riferimento alla caduta del muro di Berlino nel 1989, ma anche la “Giornata mondiale contro il fascismo e l’antisemitismo”, con riferimento alla notte dei cristalli nel 1938.

Il Giorno della libertà è stato istituito dal Parlamento Italiano per ricordare “la liberazione di Paesi oppressi e auspicio di democrazia per le popolazioni tuttora soggette al totalitarismo“: non semplicemente per celebrare l’anticomunismo perché, si sa, le oppressioni hanno molti diversi colori ma si somigliano tutte.

La Giornata mondiale contro il fascismo e l’antisemitismo è stata istituita dall’ONU per ricordare il pogrom nazista contro gli ebrei tedeschi, austriaci e cecoslovacchi, con centinaia di morti e decine di migliaia di deportati, al fine di “non abbassare l’attenzione contro ogni discriminazione e razzismo”.

Il ministro Valditara si è ricordato della prima ricorrenza, scrivendo però agli studenti una lettera di mera propaganda anticomunista. Forse bisognerà cambiare ancora il nome del suo dicastero in “Ministero dell’ignoranza e della propaganda”: certo non c’è molto “merito” ad ignorare una Giornata mondiale istituita dall’ONU, né molta istruzione a non capire che cos’è il totalitarismo. Ma forse il ministro non ha agito per ignoranza, forse ha voluto privilegiare una giornata nazionale rispetto ad una internazionale: sarà patriota anche lui? O forse, più semplicemente, è l’ennesimo ministro messo per sbaglio a fare un lavoro di cui non è all’altezza?

Cesare Pirozzi  

Print Friendly, PDF & Email