Estinti saluti

Per i tipi di Fausto Lupetti Editore è appena uscito un insolito saggio che sembra un romanzo di formazione. Altrettanto insolito, quanto ironico è titolo: Estinti Saluti. Un vertiginoso testa-coda con susseguente cappottamento linguistico del tanto usato, abusato ma tranquillo Distinti Saluti. Testa: Estinti: morti, iti, ei fu siccome immobile dato il mortal sospiro.  Coda: Saluti: auguri di scoppiettante salute per te e famiglia – da qui alla settima generazione. Cappottamento: Non puoi che ritrovarti a grattarti scaramanticamente là sotto.

L’autore del volume si chiama Publio Advertito Crea, ma è in realtà un mostro a sessantasei teste. Sessantasei pubblicitari che dagli anni 80‘del secolo scorso hanno esteso la loro distinta dis-estinzione fino ai giorni nostri, trascinandosi dietro il magma ancora incandescente di tutti i testa-coda linguistico-creativi che hanno abbattuto su noi consumatori non solo di merci, ma soprattutto della pubblicità che le avvolgeva. Oh, ma l’abbiamo dimenticato che negli 80‘ si cominciarono a riempire cinema, teatri e poi a trasmettere in tv La Notte dei Pubblivori? Erano i più meteoritici spot pubblicitari provenienti dall’intero pianeta Terra. E quelli che decollavano dal nostro stivale in mezzo ai flutti facevano la loro gustosa porca figura. Anzi, dall’intera Europa molti pubblicitari presero a scendere in Italia per fare il Gran Tour, quasi fossero dei novelli Goethe ansiosi di ristorarsi con italiche ispirazioni e bellezze.

Minerva nasce dalla testa di Giove: alla stessa stregua questo volume scaturisce da un battito di ciglia di Lele Panzeri verso l’orizzonte. Richiamiamo il VII canto del Purgatorio: Era già l’ora che volge il disio/ ai navicanti e ‘ntenerisce il core/ lo dì c’han detto ai dolci amici addio. Volete che quello struggente sentimento Dante non lo abbia lasciato in eredità a un art director come lui? E che tra quei dolci amici cui ha detto addio non ci sia il copywriter Marco Ferri? E che poi dalla scintilla grafica dell’uno e letteraria dell’altro non siano scoccati il fulmine e il tuono generativi di una infernale, divina, sine purga mai  Comoedia, da stampare, pubblicare. E cui –  soprattutto – applicare la vertigine della propriapubblicità di sé stessi pubblicitari? Tanto che, al pari di Guido e Lapo, furono presi per incantamento e messi in un vasel, in un vascello, anche Till Neuburg e Ambrogio Borsani. Così che di lampo innalzò le vele la navicella di lor ingegno, per lasciar dietro a sé mar sì crudele.

È il mare crudele dell’involgarimento acquitrinoso, dell’irrompere dispersivo di web e social nell’advertising, nella comunicazione pubblicitaria. Reca il comunicato stampa di presentazione del libro: “La pubblicità italiana ha una lunga e ricca storia. Nei primi anni Ottanta del ‘900, la comunicazione pubblicitaria in Italia arrivò a essere quotata 2mila miliardi di PIL in lire; alla fine del decennio avrebbe superato i 10mila miliardi, per crescere esponenzialmente con l’avvento della tv commerciale. Migliaia di giovani creativi furono attratti dalla pubblicità, diventarono copywriter e art director formandosi nelle agenzie di pubblicità, grazie alla generazione professionale precedente. La crisi economica globale del 2004 fece perdere valore di mercato alla pubblicità del 30 per cento, perdita che via via negli anni si è allargata a macchia d’olio su tutti i settori merceologici: quella generazione fu quindi messa ai margini dalla velocità centrifuga con la quale si è poi affermato il digitale, interrompendo la dialettica professionale intergenerazionale”.

E per guadagnare altre acque occorre una mappa. Così il sociologo Gabriele Qualizza redige, quale saggio introduttivo, un Atlante per nomadi in cerca di ispirazione. Un atlante, però, navigante esso stesso, con la prua puntata verso il futuro e la stiva colma di un  carico prezioso. Sono le short-stories, i racconti brevi, rapidi canti, sapidi di autenticità testimoniale, narrativa  di un’era aurea della pubblicità italiana. Non è la riproposizione di quella irripetibile esperienza che si vuole  affermare nel libro, ma la testimonianza del senso, della carica innovativa nel linguaggio della comunicazione proprio dentro l’imposizione omologante che la merce inesorabilmente in sé reca. 

“Il digitale ha ridefinito la spesa pubblicitaria, i ruoli professionali, l’antropologia del creativo e in sostanza ha cambiato la percezione della pubblicità presso i consumatori. L’idea è che Estinti saluti possa essere per tutti un buon viatico alla conoscenza storica di quel mondo, ma anche uno strumento agile per riallacciare le nuove generazioni alle storie collettive e individuali in cui si sono formate le esperienze personali, ha preso vita il clima professionale, la mentalità, il modus operandi, le manie e i tic di quello che un giorno Emanuele Pirella definì “il popolo dei creativi”.

Questo scrivono i curatori del libro, evocando Emanuele Pirella, vero e proprio padre, maestro, Umberto Eco del patrio advertising. Molto, però, lui ha dato anche alla cultura italiana, quale giornalista, scrittore, con le celebri vignette, strisce di satira politica e di costume firmate insieme a Tullio Pericoli. “Chi mi ama mi segua”, recitava il suo arcinoto slogan sui jeans Jesus, ma seguire lui significava soprattutto applicare alla pubblicità la sua lezione di intelligenza, grazia, ironia.

Riccardo Tavani

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