La fattoria della speranza, è quella di Amal in Palestina

La speranza a Tubas nel nord della Cisgiordania, è arrivata una settimana prima di Natale con un carico di tremila pulcini e 30 tonnellate di mangime.

Quanto basta, con un finanziamento di circa 12mila euro, per dare vita al piccolo capannone di 110 metri quadri a fianco della casa della famiglia di Amal Abu Arra.

«È un sogno che finalmente si potrebbe realizzare: quello di aprire una vera e propria fattoria», spiega Amal ai responsabili di Overseas, ong di Focsiv da venti anni impegnata in progetti di Cooperazione internazionale sia in Cisgiordania che nella Striscia di Gaza.

Amal è solo l’ultima delle venticinque piccole imprenditrici selezionate da Overseas a cui è stato consegnato il finanziamento previsto da “WeChange”, progetto finanziato dall’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, e gestito assieme a Gvc onlus che ha selezionato altre venticinque donne per un totale di cinquanta beneficiarie.

Bisogna vederla, o immaginarla. Quello di Amal, 41 anni é un sorriso contagioso, è il tipico esempio di questa imprenditorialità femminile tenace più di ogni altra. Una segnalazione grazie a una cooperativa locale a cui Amal era iscritta da anni e poi, per due mesi, la frequenza a distanza, con collegamento online dalle 9 alle 16, con il corso di formazione professionale: una infarinatura generale di gestione aziendale, analisi del mercato, pubblicità dei prodotti attraverso i social. Le basi per presentare un proprio progetto, calato nella realtà locale e nella storia familiare di ogni donna. Per Amal si è trattato di affinare competenze apprese sin dall’infanzia, e riuscire a far fruttare potenzialità sinora non sfruttate.

E così il capannone di 110 metri quadri sul terreno di famiglia dove sono coltivati alcuni olivi, ha visto comparire una stufa collegata a un termostato, mentre metà della struttura ancora sgombra di pulcini è servita per far essiccare il compost ottenuto durante la raccolta delle olive.

Inoltre, grazie al piccolo capitale di famiglia, all’interno del capannone è stato montato un sistema per l’abbeveraggio dei pulcini: quando sono piccoli dei piatti metallici sono lasciati a terra per essere sostituiti con altri piatti che vengono sospesi in aria attraverso dei ganci quando i pulcini crescono. Il finanziamento, ovviamente, serve ad avviare un allevamento di polli.

«Qualche migliaio di euro, in queste società mediorientali, riesce a fare la differenza» spiega Giuseppe Sconosciuto, capo progetto di Overseas in Palestina.

Se vogliamo usare una metafora, è come un “calcio d’inizio” di una partita tutta al femminile in società patriarcali e in cui le donne, nonostante un livello di istruzione molto più elevato degli uomini, sono quasi sempre relegate in funzioni marginali.

A favorire questa “rivoluzione creativa dal basso” mira il progetto Amal, lo stesso nome della neo-allevatrice di polli nel grosso tra Nablus e Jenin.

Si tratta di far crescere l’autostima delle donne per la propria attività e riuscire a dare loro un ruolo attivo anche dal punto di vista economico. È stato così, ad esempio, anche per Sawsan, che ha potuto avviare un piccolo ristorante a Gaza, o per Mira, che ha fatto del ricamo, iniziato come un passatempo, una attività imprenditoriale sempre a Gaza. «Ho aperto un negozio, realizzato gioielli e prodotti tessili artigianali utilizzando il tatreez, l’arte del ricamo tradizionale palestinese. E ora – afferma Mira – la mia stessa famiglia ha una considerazione diversa nei miei confronti».

Ecco dunque, non solo una stima verso se stesse come donne, come imprenditrici ma un riconoscimento che arriva dalla stessa famiglia che per la prima volta le vede con una prospettiva diversa.

Un trampolino di lancio per giovani donne in grado di dimostrare di avere capacità di leadership e di sapersi inserire concretamente in uno dei mercati di lavoro più difficili al mondo con un tasso di disoccupazione femminile in tutta la Palestina del 72%, e con picchi più alti in Cisgiordania.

Tra quaranta giorni i pulcini saranno polli, e il primo passo per Amal sarà compiuto. Poi la vendita e l’acquisto di nuovi pulcini per poter poi finanziare l’acquisto di altri animali per la fattoria.

E Amal significa speranza, che sia la speranza per tutte le donne che osano e che riescono a raggiungere obiettivi prima inarrivabili sia interiormente che esternamente. Donne che si vedono e che vengono viste in modo “diverso”, con quella disarmante voglia e determinazione nel soddisfare un sogno, nel raggiungere un obiettivo, nel superare una sfida, nel toccare con mano un traguardo che, badi bene, non è un punto di arrivo ma solo un punto di partenza che possa spronare altre giovani donne.

E i presupposti li vediamo tutti. Il futuro come sempre è nel potere delle donne che da tutti noi verranno sempre supportate in ogni battaglia, in ogni tentativo di raggiungere la parità con gli uomini, in ogni lotta per fare valere le proprie potenzialità. Credere in se stessi è la prima forma di amore che spinge ognuno di noi ad amarsi per amare, a lottare per aiutare le altre donne nella lotta che altro non è, che una lotta per la parità e la giustizia sociale.

Stefania Lastoria

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