Una donna formidabile

Una donna formidabile, innamorata, falsa testimone, ingannata, illusa e poi disillusa, perno su cui ruota la commedia, ma anche “braccio armato” della giustizia terrena. “Testimone d’accusa” in scena al Quirino di Roma, trionfa in una sala gremita, con una Carla Gravina “formidabile”. Una rappresentazione perfetta, con una imperfezione iniziale, dovuta all’audio basso forse per i microfoni insufficienti o malposizionati, che non permetteva di ascoltare i dialoghi vicino al caminetto. Ma tutta la messa in scena è un orologio sincronizzato, dalla presenza di sei ragazze del pubblico come giuria popolare, ai banchi del tribunale. La forza scenica di Vanessa Gravina, Giulio Corso, Giorgio Ferrara, e di tutta la compagnia, creano una tensione emotiva nel pubblico, rapito dai dialoghi serrati e dai colpi di scena in continuo movimento.

Tutto è oliato, gli ingranaggi girano e i protagonisti entrano nell’immaginario di un pubblico che aspetta a bocca aperta la scena successiva. C’è attesa per ogni battuta. C’è attesa sospesa per ogni movimento. C’è un crescendo che non si ferma, anzi quando si pensa che siamo al termine, si riapre la scena con un nuovo “colpo di scena”. Una sequenza infinita di gioco dei rimandi, degli inganni, dei disinganni, delle false verità e delle vere verità.

Tutto avviene sullo stesso palco. Tutto scorre e penetra negli animi del pubblico, sempre più rapito dal susseguirsi di nuove verità o di nuovi impensabili inganni. Fino alla fine, tragica e inattesa, quando una donna formidabile, si riprende la dignità che gli era stata strappata da e con l’inganno dal suo uomo. Un finale tragico, dove la donna formidabile, non uccide ma si fa giustizia, compiendo un atto esecrabile ma  nel contempo condivisibile per cancellare la disillusione dell’amore che aveva tolto il rispetto di se stessa ad una donna innamorata.

Claudio Caldarelli

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