Tutta la bellezza e lo spargimento di sangue

Niente di più potente. La premio Oscar 2014 Laura Poitras sta per vincerne un  altro. Intanto si è portata a casa il Leone D’Oro per il miglior documentario della Mostra di Venezia 2022. Dopo Snowden, che ha denunciato i crimini informatici contro i cittadini  del potere non solo americano, ecco il nuovo film, Tutta la bellezza e il dolore, sui misfatti farmaceutici di un grande marchio yankee, la  Purdue Pharma. Raccontando la vicenda della fotografa Nan Goldin e della sua battaglia contro la potente famiglia Sackler, si fa anche un film d’arte e sull’arte. Non poteva essere diversamente, dato che quella famiglia finanzia l’arte, paga profumatamente i più prestigiosi musei del mondo per mettere il loro nome a sale, ali, o a interi edifici espositivi. E raramente non ci si piega alla suadenza della loro potenza. Hanno infatti accumulato profitti stellari, principalmente vendendo farmaci a base di oppioidi che hanno sparpagliato – come in una vera e propria guerra – centinaia di migliaia di corpi morti per dipendenza al loro OxyContin. Il giornalista investigativo Patrick Radden Keefe ha svelato che non hanno però solo venduto, ma anche comprato, corrotto, falsificato per far prescrivere dalle istituzioni sanitarie i loro prodotti a livello di massa. Questo pur essendo lucidamente consapevoli del loro letale contenuto farmacologico. D’altronde di che meravigliarsi: è la legge del profitto, bellezza! Per il capitale non si dà altra morale. La massa esiste solo per farsi estrarre i soldi dalle tasche con qualunque pretesto e qualunque costo: paradossalmente quello di farsi impunemente ammazzare è quello che sembra funzionare di più.

Il film, però, non è solo il racconto e il resoconto di questa battaglia non ancora concluso, pur avendo realizzato significative vittorie. Esso è anche l’intreccio tra la formazione fotografica, artistica di Nan Goldin negli ambienti dell’avanguardia, e le sue vicende di repressione familiare. Una repressione comportamentale, mentale e sessuale molto diffusa negli anni ’60 del secolo scorso. Essa si abbatté anche su Barbara, la sorella maggiore di Nan, costretta dai genitori a continui trattamenti farmacologici e ricoveri forzati in diverse case di cura, fino a che lei non ha interrotto il supplizio, suicidandosi nel 1965.

Soprattutto siamo di fronte a una di quelle opere che segnano il cammino della civiltà del cinema. Foto, immagini, facce, parole di rabbia, d’amore e di lotta; azioni politiche, civili dirette dentro, attorno ai musei che si mostrano esse stesse quali superiori performance d’arte contemporanea. Il titolo originale è molto più duro, ma anche più azzeccato di quello italiano: All the Beauty and the Bloodshed. Suona come: “Tutta la bellezza e lo spargimento di sangue”.  

Riccardo Tavani

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