La passione donchisciottesca di Eduardo

Lotta appassionata e disperata contro i mulini a vento delle Istituzioni per il teatro. Il suo teatro S. Ferdinando da restituire alla gente, alla povera gente che il teatro lo conoscono di nome. Eduardo, moderno Chisciotte si lancia, spada in resta, contro coloro che il teatro lo affossano e lo fanno morire di agonia. Difende il lavoro degli attori, dei teatranti, degli autori. Con rispetto e ammirazione leva in loro favore un disperato, autentico,  grido appassionato d’amore. E ne esce sconfitto. Ogni volta. Ma ogni volta, come il don Chisciotte di Cervantes, risale in sella e riparte alla carica degli onorevoli, dei ministri, dei dirigenti, chiedendo loro attenzione per il teatro e per i lavoratori del teatro.

Al Vascello di Roma, sul palcoscenico c’è un bravissimo Lino Musella accompagnato dalle musiche dal vivo di Marco Vidino, a rappresentare “Tavola tavola, chiodo chiodo…” uno spettacolo tratto dagli appunti e dalle lettere di Eduardo De Filippo ai ministri, sottosegretari, direttori e dirigenti di teatro, che il teatro non lo conoscono e non sanno cosa sia. Ma sono loro, i “mulini a vento” insensibili agli appelli accorati di un maestro che rivendica l’amore per la recitazione e la partecipazione, come parte attiva della crescita democratica di una nazione. Edoardo rivendica l’importanza  teatro come elemento di recupero sociale per i ragazzi allo sbando, rinchiusi nel carcere minorile di Napoli.

Lino Musella veste gli abiti di Eduardo con umiltà e rispetto, senza presunzione, così facendo,  riesce ad essere un Eduardo credibile, talmente credibile da traslare questa sua forza al pubblico. Un pubblico che supera la quarta parete e si fonde con la musica di di Vidino per essere poi parte integrante di ogni lettera. Ogni parola, ogni gesto, ogni disperata richiesta, diviene essa stessa la lancia con cui “Chisciotte” si batte e va a sbattere nel vuoto istituzionale di un ingranaggio insensibile e direi ignorante culturalmente, rispetto alla conoscenza del linguaggio teatrale.

Le parole di Eduardo sono potenti, tagliano in due l’ipocrisia del potere, sventrano la banalità delle gerarchie ministeriali, occupate ad occupare il potere senza intervenire socialmente sulle criticità di una città al limite della Resistenza. Il teatro S Ferdinando è il simbolo di questa Resistenza, fatta di persone che, tavola dopo tavola, chiedo dopo chiodo, iniziano a ricostruire una esistenza più umana. E di questa umanità ci parla, con garbo ma anche con passione accorata, Lino Musella nel ripetere, leggendo con accento, la disumana indifferenza di un potere logoro, fatto di ignoranza, supponenza e insensibile disumanità. Un grande attore, che non recita la parte, essendo esso stesso parte di quelle parole che pronuncia con riverenza ma anche con la forza di non soccombere per avere una speranza, la stessa speranza ermeticamente racchiusa e incisa su una lapide nel teatro di Eduardo, che suggeriscono una azione di ribellione continua e energica senza mai abbassare la testa: tavola tavola, chiodo chiodo…

Claudio Caldarelli

Print Friendly, PDF & Email