Hanno ammazzato Pablo

“Portava il popolo le sue bandiere rosse/ e con esse sulle pietre che calcava io mi trovai/ nel giorno strepitoso e sulle alte canzoni della lotta. Vidi le sue conquiste./ Sola strada era la Resistenza/ mentre isolati eran brani rotti d’una stella/ senza bocca né spicco./ Così nell’unità fatta in silenzio/ erano il fuoco, il canto invincibile, il lento passo umano sulla terra/ trasformato in profondità e battaglie./ Erano dignità che combatteva gli antichi soprusi/ e risvegliava a sistema l’ordine delle vite che bussavano alle porte/ per prendere posto nella sala principale delle bandiere”. Pablo Neruda “Il popolo”. Pablo Neruda assassinato. Dopo 50 anni la conferma ai tanti sospetti. Una nuova perizia sulle spoglie, prova che Neruda, il poeta dell’amore e della lotta, fu avvelenato dodici giorni dopo il colpo di stato militare del generale Pinochet. Neruda fu assassinato come Salvator Allende, in Cile, nel 1973.

Neruda era già divenuto il grande nemico del dittatore Pinochet. Era un riferimento per i movimenti di lotta e Resistenza alla dittatura. I giovani, lèggevano le sue poesie in ogni angolo del Cile, scrivevano sui muri i suoi versi. La forza della poesia che non si sarebbe mai piegata alla tortura. La Resistenza fatta di speranza, prendeva forza dalle parole di Neruda. Per questo fu assassinato, avvelenato, morì il 23 settembre del 1973.

Le analisi effettuate da alcuni ricercatori internazionali hanno rilevato la presenza di una tossina altamente tossica, il “Clostridium botulinum” che ne avrebbe causato la morte. Ma sul certificato di morte, fu scritto che, la causa del decesso di Neruda fu il degenerare di un tumore alla prostata. Tuttavia non ci fu nessuna autopsia, il dottore certificò la morte, via telefono, da casa.

Le inchieste sulla morte anomala del poeta, iniziarono nel 2011 quando uno dei suoi autisti, Manuel Anaya, chiese una nuova ricerca sulle cause del decesso.

Manuel Anaya disse che Neruda non era malato al punto di morire. Tutti pensavano che ricoverato in clinica Santa Maria sarebbe stato al sicuro. Nessuno pensava che poteva morire per una iniezione. Manuel racconta di essere stato fermato e spedito in un campo di tortura poche ore dopo la morte di Neruda. “Avevano pianificato tutto”. Neruda fu uno delle tante migliaia di oppositori al regime che furono assassinati, torturati, fatti scomparire da Pinochet.

La riesumazione del cadavere di Neruda, che era sepolto nella sua casa di Isla Negra, a 100 chilometri da Santiago, fu fatta nell’Aprile del 2013, su richiesta del Partito Comunista, di cui Neruda era senatore iscritto. Il Partito Comunista cileno metteva in discussione la versione ufficiale della dittatura, che indicava nel cancro metastatico e l’estrema debolezza, la cachessia, le cause della morte.

Gli interrogativi risalgono però al 2011 quando Manule Anaya disse che Neruda gli aveva raccontato, poche ore prima di morire in clinica, che gli era stata iniettata nello stomaco una sostanza sconosciuta. Anaya fu una delle ultime persone che videro Neruda vivo insieme alla moglie Matilde Urrutia.

Neruda voleva trasferirsi in Messico, dopo la morte di Allende e Victor Jara, era l’ultima potente voce che poteva aiutare il popolo a ribellarsi.

Ora viene la conferma che fu avvelenato, dodici giorni dopo il golpe di Pinochet. Neruda mori in circostanze misteriose che solo ora si chiariscono: fu avvelenato. Pablo Neruda, cantore dei popoli oppressi, comunista, combattente e resistente, nemico giurato del regime fascista di Pinochet, aveva 69 anni aveva scritto Canto General: “ Scrivo per il popolo per quanto non possa leggere/ la mia poesia con i suoi occhi rurali./ Verrà il momento in cui una riga, l’aria/ che sconvolse la mia vita, giungerà alle sue orecchie/ e allora il contadino alzerà gli occhi/ il minatore sorriderà rompendo pietre/ l’operaio si pulirà la fronte…il meccanico, pulito, appena lavato, pieno/ del profumo del sapone guarderà le mie poesie/ e queste gli diranno forse: È stato un compagno”. Questo è sufficiente: questa è la corona che voglio. Voglio che all’uscita di fabbriche e miniere stia la mia poesia attaccata alla terra, all’aria, alla vittoria dell’uomo maltrattato.

Hanno ammazzato Pablo, Pablo è vivo, vivo, vivo….

 

Claudio Caldarelli – Eligio Scatolini

 

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