La Festa dei Lavoratori: anche le donne festeggeranno il Primo maggio?

L’Italia è una Repubblica fondata sul Lavoro, il fatto che sia scritto nel primo articolo della Costituzione Italiana avrà certo la sua autorevolezza ma, applicando la stessa gerarchizzazione che la società patriarcale riserva a qualsiasi tipo di ambito sociale, se non sei un maschio bianco etero, avrai un posto riservato sempre in seconda fila che scala mano a mano in base a quanto differisci dal modello standard e ciò, inoltre, porterà ad avere meno diritti garantiti e di sicuro più compromessi da accettare.

Il tasso di occupazione femminile in Italia è una ferita che tarda a sanarsi, ormai non si auspica più neppure ad una cicatrizzazione e la pandemia non solo ha aggravato in modo drastico la situazione, ma ha rivelato come certe dinamiche si annidino ben nascoste nei ritmi frenetici del caos della nostra quotidianità.

Il primo maggio delle donne è tutti i giorni e nessuno, essere donna nella società patriarcale vuole dire lavoro non retribuito e persino mancanza di riconoscimento di quest’ultimo, quello che molte donne hanno cercato di raggirare attraverso la figura della “donna delle pulizie”.

Irene Facheris, autrice del libro “Parità in Pillole. Impara a combattere le piccole e grandi discriminazioni quotidiane” parla della questione, sottolineando come sia più plausibile che una donna inviti un’altra donna a pulire piuttosto che il suo compagno, vendendo la propria anima ad un’illusione, in modo da scendere di grado e non essere più le regine della casa ma solo principesse. Tutto questo senza neanche discutere con il compagno per fargli lavare i piatti una sera.

Un carico di lavoro volutamente invisibile mentre cercano di farsi strada nel tessuto produttivo della società, portando avanti il lavoro fuori casa (spesso sottopagato, denigrato, non regolarizzato), mentre tutti aspettano quel passo falso che sembra “legittimarli” a decretare cosa le donne dovrebbero o non dovrebbero fare, commentando le scelte fatte, non risparmiandosi in alcun modo allusioni alla costruzione artificiosa della donna ideale.

Quello che si chiede ad una donna durante un colloquio di lavoro è facilmente intuibile, per non parlare di lavori che più collimano con l’istinto materno che le caratterizza. A dir poco imbarazzante! Decisamente discriminante.

Sarà forse per questo che il divario salariale di genere potrà essere colmato solo tra 135 anni?

Ed è ovvio che le cose più difficili, ardue, problematiche da gestire sono sicuramente la casa e la famiglia, le stesse ragioni che nel 2019 hanno indotto ben 37.611 lavoratrici neogenitori a dimettersi, a lasciare il loro lavoro perché sono le sole a cui viene chiesto di fare la lista delle priorità tra le tante cose che devono fare. Solo pagare una babysitter spesso induce la “coppia” a decidere che sia la mamma ad occuparsi dei figli.

In tutto questo c’è anche un retaggio culturale duro a morire.

La stessa realtà, organizzata in maniera differente a causa dell’emergenza sanitaria, si è convertita allo Smart Working e ciò ha generato conseguenze ancora più assurde e disastrose. Come annunciano i dati ISTAT, tra i 101mila nuovi disoccupati, 99mila sono donne.

La frase di Helen Lewis, giornalista dell’Atlantic è emblematica:

Quando le persone cercano di essere allegre riguardo al distanziamento sociale e al lavoro da casa, notando come William Shakespeare e Isaac Newton abbiamo realizzato alcune delle loro opere migliori mentre l’Inghilterra era devastata dalla peste, c’è una risposta ovvia: nessuno dei due doveva occuparsi dei figli”.

Ora pare ovvio a tutti che l’Italia si può curare solo con il lavoro delle donne.

Nel Piano Nazionale per la ripresa e la resilienza degli Stati Membri, ci si è organizzati per impegnare parte del programma Next Generation Eu nel promuovere l’occupazione femminile e il bilancio di genere. Se simili programmi andassero veramente in porto sarebbe quanto meno un’azione significativa e necessaria.

Diventa ancora e sempre più imprescindibile portare l’attenzione sul tema, con lettere al Governo, con ogni forma di manifestazione e protesta per dare prova di quanto l’impegno delle Istituzioni su questa problematica sia ora più che mai necessario, essenziale, inevitabile ma soprattutto inderogabile.

Perché non abbiamo più tempo e le promesse mai mantenute sono un’ulteriore forma di violenza alle donne.

Stefania Lastoria

 

 

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