Brics: nuovo modello di sviluppo

“L’assetto geopolitico del pianeta sta cambiando a una velocità inimmaginabili. E la geometria delle relazioni internazionali fa intravvedere nuovi scenari. L’offensiva diplomatica dell’Occidente, seguita alla sciagurata invasione dell’Ucraina, ha creato le condizioni per un rimescolamento di equilibri, che sembravano essersi stabilizzati dopo la fine della Guerra fredda. Oggi pur riconoscendo i torti conclamati di Mosca, ci sono molti paesi, chiamiamoli -non allineati- che si rifiutano di accettare a scatola chiusa gli inviti che partono da Washington o da Bruxelles”.

Pietro Orteca su RemoContro

La sigla Brics, Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, raccoglie la parte più popolosa del mondo. Un accordo tra giganti del consumo, della economia e dello sviluppo che mette in crisi il modello unico occidentale di stampo americano. Un organismo, il Brics, che riscrive le regole della economia e della finanza mondiale, avvicinandosi, per paradosso, a quella EOS, cioè, Economy of Francesco. L’economia sociale voluta fortemente da papa Bergoglio.

Il G7 o il G20 vecchie sigle occidentali, sono in decadenza, non rappresentano più i grandi mercati, le finanze mondiali si spostano da Occidente a Oriente, riscrivendo regole e modelli.

La sigla Bric, fu coniata nel 2001 dall’economista di Goldman Sachs, Jim O’Neil, a cui poi si è aggiunto il Sudafrica, per indicare i 5 colossi, considerate le principali locomotive di crescita economica al di fuori del mondo occidentale. Infatti, propongono un tipo di sviluppo sociale ed economico, diverso da quello imposto dall’America o dall’Europa.

“I paesi del Brics si incontreranno all’inizio di giugno a Città del Capo, per prendere la storica decisione di allargarsi, includendo diversi altri Stati, tra cui alcuni grossi calibri. Obiettivo finale: confrontarsi con la concorrenza e, se il caso dovesse richiederlo, sbaragliarla. L’avversario da tenere sotto controllo? L’Occidente, in particolare il G7, con un occhi rivolto al suo braccio armato identificato da tutto il terzo mondo nel Fondo Monetario Internazionale, una specie di cane da guardia del capitalismo in doppio petto…”

I conti e le analisi econometriche le sanno fare tutti, anche Brasile e India.

I Brics partono da un principio, la “mouse trap”, la trappola del topo, come viene definito il sistema degli aiuti finanziari internazionali, concessi per stabilizzare i “sistemi solo in cambio di riforme, eseguite sotto dettatura del Fondo Monetario Internazionale. Riforme che non si limitano solo alla economia, ma coinvolgono tutto il sistema istituzionale di un Paese…”. Con questo metodo mettono in trappola i paesi emergenti, costringendoli ad indebitarsi per poi ricattarli, imponendo loro, i modelli di sviluppo occidentali, ritenuti un retaggio del colonialismo, di cui il terzo mondo porta ancora il marchio sulle sue carni.

Per aggirare questo schema a trappola, i Brics hanno creato i loro organismi finanziari internazionali, nel tentativo di togliere all’Occidente il monopolio dell’indirizzo economico globale.

“In questo senso, la New Development Bank (NDB) deve diventare l’alternativa a ciò che adesso è rappresentato dalla Banca Mondiale, mentre il Contingent Reserve Arrengement (CRA) si trasforma in un Fondo Monetario controllato dai Paesi in via di sviluppo. Sottraendo così all’Occidente e, in primis, agli Stati Uniti, un formidabile potere contrattuale che, per qualcuno, è anche una vera e propria arma di ricatto”.

Le new entry nel Brics che si terrà a giugno, sono: Arabia Saudita, Indonesia, Egitto, Emirati, Algeria, Argentina, Bahrein e Iran. Ieri l’ambasciatore Usa a Città del Capo, ha accusato il Sudafrica di vendere armi alla Russia, inizia il tiro al piccione.

Ben tredici paesi hanno chiesto di aderire al Brics, mentre altri sei hanno chiesto di essere ammessi come osservatori.

Secondo gli analisti americani di Stratfor, tra i più prestigiosi del mondo, il New Brics potrebbe avere un potere contrattuale formidabile, in aree specifiche come quella della energia, dei cambiamenti climatici, della catena di approvvigionamento globale, dei pagamenti internazionali e della “dedollarizzazione”.

“L’accusa rivolta all’America e all’Europa è chiara: chi ha costruito il suo benessere sullo schiavismo, l’uso smodato dei combustibili fossili e lo sfruttamento delle risorse predate ai Paesi colonizzati, oggi non può salire in cattedra a dettare regole di condotta. Ponendo limiti, date e veti. Ci vuole un bel po di faccia tosta”.

Claudio Caldarelli – Eligio Scatolini

 

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