Referendum “trivelle” – La posizione del SI

Luca

Quello di domenica rischierà di passare alla storia – lo è già nella percezione della stampa e dell’opinione pubblica – come il referendum sulle ‘trivelle’. Per il fronte del SI, il geologo del CNR e saggista Mario Tozzi al quale chiediamo, intanto, una prima considerazione a partire dal ‘nome’ dell’appuntamento referendario.

– C’entrano o no le ‘trivelle’, cioè la possibilità da parte dei concessionari di realizzare nuove trivellazioni del fondale marino? Si tratta solo di una errata percezione, di una inesattezza divulgativa o esiste, nei fatti, la possibilità di ulteriori trivellazioni per estrarre una risorsa energetica che, su base volontaria, il nostro Paese ha già dichiarato di voler accantonare?

R. La risposta è complicata dal fatto che il quesito riguarda, in realtà, la durata delle concessioni minerarie petrolifere e gassose che, dopo la legge si stabilità possono essere protratte fino ad esaurimento del giacimento. Questo significa che, volendo, si possono, per esempio, impiantare nuove piattaforme per continuare a sfruttare i giacimenti. Nuove piattaforme sono dunque possibili e, nel caso, anche nuove trivellazioni limitatamente a quelle concessioni. Il punto è che le leggi UE non consentono concessioni di alcuna natura che non siano a termine (e che sforino i trent’anni) e che per nessun altro bene del sottosuolo (che è patrimonio inalienabile della nazione), acqua e rocce compresi, si permettono concessioni all’esaurimento della risorsa.

– I sostenitori del NO ritengono irragionevole rinunciare ad una risorsa – parliamo qui di gas naturale – quando si sa che continueremo a dipendere dalle condotte ma anche dagli ‘umori’ dei Paesi fornitori.

R. Qui si sfiora il ridicolo: non è che l’età della pietra è finita perché sono finite le pietre. L’era degli idrocarburi deve finire perché inquinano e ammazzano, non perché li avremo consumati tutti. Gli unici che ci guadagnano in questo scenario sono i petrocarbonieri, non certo la popolazione civile. In realtà noi dipendiamo sempre meno dal gas e petrolio: -30% circa negli ultimi dieci anni e gli idrocarburi delle piattaforme oggetto del referendum assommano a meno del 3% dei consumi italiani. Quale sarebbe la percentuale di idrocarburi stranieri da cui dovremmo dipendere? Se crescono le rinnovabili, poi, saranno sempre più inutili.

– Un giacimento non ‘esaurito’  può provocare problemi e ricadute sulla sicurezza nelle fasi di chiusura e smantellamento?

R. Provoca più o meno gli stessi problemi di uno esaurito. Il problema è che in questo paese non si è ancora mai smontata una sola piattaforma, nonostante concessioni e giacimenti esauriti. E poi che vuol dire “esaurito”? Oggi circa il 40% degli idrocarburi resta confinato comunque nei giacimenti.

– Un referendum tecnico dal valore politico di indirizzo sulle energie alternative e rinnovabili. Ma con implicazioni, forse, più profonde (un geologo pensa per stratificazioni?) che investe il concetto di ‘sfruttamento’. Sull’onda di una sensazione sottile mi domando se pensare di estrarre tutto il petrolio o il gas di un giacimento – fino al suo esaurimento – non implichi, da qualche parte, l’idea di estinzione.  Lei cosa… sente?

R. Questo è tipico del vecchio mondo industriale: esaurire tutta la risorsa per poi cercarne un’altra, non importa i danni che si provocano, pur di fare profitto. E’ un concetto tipico dell’uomo padrone del mondo, un concetto che anche papa Francesco ha duramente stigmatizzato. Certo che il referendum ha implicazioni di politica energetica: se andranno a votare in molti e se i no prevarranno in maniera plebiscitaria non si potrà non tenerne conto. Chi vota sì vuole chiudere con l’era degli idrocarburi e vuole che l’Italia sia coerente con gli obiettivi che il mondo si è dato a Parigi: affrancarsi dalle fonti non rinnovabili e inquinanti, gas compreso.

– Di questi giorni la notizia che l’Italia è leader in Europa – prima di Germania, Francia e Inghilterra –  del ‘solare’. Un dato che è sembrato prendere in contropiede gli stessi sostenitori delle energie alternative. Quale  – pur sperate – ‘novità’ dimostra questo dato?

R. Dimostra che si può fare energia e sviluppo con le energie che non inquinano e non finiscono mai, che sono decentrabili e che hanno davanti un futuro di sviluppo tecnologico e un incremento come nessun altro settore la mondo. Soprattutto nel campo dei consumi domestici (circa un terzo del totale), ma anche in quello agricolo e manifatturiero. Dimostra che il Paese del Sole è davvero tale e affossa per sempre coloro che sostengono che l’era di transizione sarà chissà quando: in realtà è già oggi. Per questo cercare ancora idrocarburi e continuare a sfruttarli è anacronistico.

– Nel caso in cui non si raggiungesse il quorum…tutto, allora, come prima oppure qualcosa è – già -cambiato?

R. Qualcosa è già cambiato e potrebbe cambiare di più se il numero dei votanti fosse elevato. Ma anche così si è puntato l’occhio sul settore energetico e si è capito che di gas  e petrolio si può tranquillamente fare a meno subito. Cresce una consapevolezza di cui non si potrà non tener conto e che non ha nulla a che vedere con il cosiddetto “partito del NO”. L’Italia si dovrebbe dotare di un piano energetico nazionale e questo referendum, comunque vada, influirà sul far pesare le rinnovabili. Esattamente come fece quello sull’energia nucleare cui, per fortuna, abbiamo rinunciato, pur continuando a essere fra gli otto paesi più industrializzati del mondo. Non c’è bisogno del nucleare così come non c’è più bisogno degli idrocarburi, senza perdere né in benessere né in sviluppo.

Grazie.

di Luca De Risi