La visita del Papa in Egitto e la fine di Giulio Regeni

Dopo gli attentati del 9 aprile alle due chiese copte in Egitto, papa Francesco ha confermato la sua visita al Cairo prevista a fine mese. E chissà se, alla luce degli attacchi kamikaze di Tanta e Alessandria, avrà modo di parlare con Al Sisi anche di Giulio Regeni. Lo hanno chiesto, in un recente appello, i genitori del giovane ricercatore ucciso all’inizio dell’anno scorso. Da allora la famiglia chiede la verità sulla sua morte e di punire i responsabili. Le autorità egiziane devono chiarire i punti più controversi di una vicenda che nel tempo si è avvitata su se stessa, tra bugie e depistaggi di Stato. E gli interrogativi restano insoluti. Innanzitutto, perchè i servizi segreti del paese nordafricano hanno dapprima negato il loro coinvolgimento salvo poi venire alla luce che avevano “attenzionato” Regeni da almeno un mese prima della sua scomparsa avvenuta il 25 gennaio 2016. Poi, perchè i media egiziani avevano accreditato la pista che il giovane fosse una spia dei servizi britannici, quando il video girato di nascosto dall’ex capo del sindacato degli ambulanti Mohammed Abdallah durante il suo incontro con Giulio dimostra che quest’ultimo fosse – appunto – un ricercatore che stava svolgendo una ricerca accademica. E ancora, di chi è stata la regia del finto blitz che portò all’uccisione a freddo di tutti i componenti della banda di rapinatori nel cui nascondiglio qualcuno fece ritrovare i documenti di Giulio portati lì di proposito. Infine, perchè gli investigatori del Cairo, nell’immediatezza della morte di Giulio, sostennero che non esistevano immagini dei circuiti di sorveglianza nella stazione della metropolitana dove Giulio era sparito, quando invece le immagini c’erano ma erano state sovrascritte perchè la polizia egiziana non le ha mai prese in esame. Una ditta tedesca si è offerta di recuperarle, ma da tre mesi attende una risposta. Non ci illudiamo che la visita del Papa potrà risolvere la questione, sarà già tanto se ce lo rimanderanno sano in patria

di Valerio Di Marco

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