Bebe Vio: la vita è una figata

Non è solo il titolo dell’omonima trasmissione televisiva: “la vita è una figata” è un vero e proprio inno alla vita. Impossibile convincersi del contrario quando si ha a che fare con Beatrice “Bebe” Vio: vent’anni di energia e positività allo stato puro, per Bebe niente è impossibile.

Nata a Venezia il 4 marzo 1997, già all’età di quattro anni dimostra un carattere forte e competitivo, abbandonando la ginnastica artistica in favore della scherma perché (come lei stessa ha raccontato) durante il saggio di fine anno si rese conto che “lì non si vinceva niente”. Bebe trascorse un’infanzia serena divisa tra la famiglia e lo sport fino al 2008, anno in cui fu colpita da una meningite fulminante che le provocò estese infezioni e necrosi di avambracci e gambe, di cui si rese necessaria l’amputazione. Una tragedia capace di sconvolgere la vita di chiunque, ma non la sua.

Bebe oggi racconta quei momenti in maniera talmente disarmante e dissacratoria da lasciare sconcertati: il suo giocare pubblicamente con le protesi come fossero accessori, il suo mostrare candidamente le sue cicatrici come parte del suo essere hanno definitivamente sdoganato il concetto di disabilità e ci dimostrano come niente sia impossibile se si ha la voglia e la determinazione di guardare oltre; persino scattare un selfie con il presidente degli Stati Uniti d’America diventa facile come bere un bicchier d’acqua. Con una ironia fuori dal comune Bebe racconta i primi difficili giorni dopo l’intervento chirurgico quando, rientrata a casa prima per sua precisa richiesta (per passare il compleanno fuori dall’ospedale), in preda a fortissimi dolori dovuti alle ferite ancora aperte, manifestò il desiderio di suicidarsi “buttandosi giù dal letto”, e di come il papà, impartendole una preziosissima lezione di vita, le disse “Bebe scusami, buttandoti giù dal letto non ti suicidi ma ti fai ancora più male e poi vieni a me a rompere le palle. Se vuoi me lo dici, siamo al secondo piano e ti porto alla finestra. Se ti butti da li è sicuro”.

E ancora: “Bebe ma non rompere le palle che la vita è una figata”. Parole in grado si scatenare in una ragazzina di undici anni alle prese con una prova difficilissima da superare una tale voglia di riscatto da portarla a riprendere, nel giro di appena un anno dall’insorgenza della malattia, l’attività sportiva anche agonistica grazie ad una speciale protesi progettata per sostenere il fioretto, fino a portarla ai più alti vertici dello sport mondiale: oro individuale e bronzo a squadre ai Giochi Paraolimpici di Rio 2016, oro ai campionati mondiali paraolimpici di scherma nel 2015, oltre a svariati titoli in ambito europeo e italiano; portabandiera italiana ai giochi paraolimpici, testimonial di numerose campagne a favore dei vaccini contro la meningite, presentatrice tv, oratrice all’Onu durante l’evento “Change the World Model United Nations”, in cui ha tenuto un discorso di fronte a 2200 studenti sull’importanza di credere nei propri sogni e non mollare mai; Bebe è un fiume in piena inarrestabile, testimonianza vivente del fatto che non esistono menomazioni fisiche di alcun genere in grado di porre dei limiti, e incapace al momento di superare un unico ostacolo: l’esame per la patente. Come lei stessa ha raccontato, ridendo, durante un’intervista, è già stata bocciata due volte, e si è definita “imbarazzante” come poliziotta (Bebe appartiene al gruppo sportivo delle fiamme oro, il gruppo sportivo della Polizia di Stato).

Una giovane donna la cui dote principale è quella che in psicologia è definita “resilienza”, ovvero “la capacità di far fronte in maniera positiva a eventi traumatici, di riorganizzare positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà, di ricostruirsi restando sensibili alle opportunità positive che la vita offre, senza alienare la propria identità”; una giovane donna che ha saputo reinventarsi trasformando ciò che avrebbe potuto costituire un limite in una opportunità, per se stessa e per gli altri. Oggi, infatti, Bebe porta avanti l’associazione Onlus fondata nel 2009 dalla sua famiglia, che si occupa di bambini che hanno subito amputazioni di qualsiasi genere, fornendo loro tutto il necessario per la pratica dell’attività sportiva, e insegnando loro che “disabilità” non vuol dire “diversità”. Indubbiamente l’insegnamento più importante di Bebe è riassunto nel suo breve ma efficace “testamento spirituale”: la vita è una figata. E se lo dice lei, c’è da crederci.

di Leandra Gallinella