La crisi del liberismo. L’inizio di una nuova epoca?
Dopo molti anni di relativa stabilità, i paesi occidentali stanno facendo i conti con la prima vera grande crisi del sistema liberista. Se ci soffermiamo ad analizzare i fatti che a livello mondiale si stanno susseguendo, l’intero occidente molto probabilmente sta facendo fronte alla più grande crisi dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Il liberismo economico sta ormai da diversi di anni vacillando nell’Europa dell’est e in alcuni stati del sud America, con la nascita di governi di estrema destra, è sottoscacco dai populisti nell’Europa occidentale e negli Stati Uniti, oltre ad essere messa in discussione dall’autoritarismo Russo e Cinese.
Lo stesso primo ministro ungherese, Viktor Orbán, ha recentemente dichiarato che “l’era della democrazia liberale è conclusa”. Ormai già da qualche anno si scrive su quali sono i fattori più importanti che stanno portando alla crisi del liberismo, il politologo Ian Bremmer parla di quattro ragioni nodali: la mancata crescita dei redditi, l’aumento dell’immigrazione, la nascita e lo sviluppo dei social network ed infine l’interventismo di alcune super potenze in territori disagiati. La difficoltà nel capire cosa ha portato ad una crisi della democrazia liberista sta però proprio nel demarcarne i fattori determinanti, fattori che sembrano avere una matrice comune nel mondo occidentale. Da molti anni ormai a livello globale la crescita economica è diminuita, la disuguaglianza tra ricchi e poveri è aumentata e la mobilità sociale è diminuita (non esiste più l’ascensore sociale).
Tutto ciò ha portato ad una maggiore sfiducia delle classi più povere e ad un maggiore privilegio economico per le persone con un grado di istruzione più elevato rispetto a quello con un livello di istruzione più basso. Tutto ciò ha scatenato un malcontento sociale diffuso, la paura del futuro e maggiori divisioni sociali in tutte le società occidentali. Oltre a questo, molti dei precetti e degli atteggiamenti tradizionali riguardo alcuni aspetti del sociale, come la religione, la sessualità, la comunicazione, la vita familiare e altro ancora sono stati messi in discussione, fino a cambiare, in alcuni casi, il paradigma.
La colpa però va cercata anche tra gli amministratori del bene comune, tra quei governanti che non hanno voluto vedere oltre il proprio tornaconto elettorale; i governi occidentali hanno sottovalutato tutti questi problemi. L’incapacità delle istituzioni di apportare benefici alle classi più disagiate ha indebolito la fiducia nella democrazia e contribuito a far crescere l’intolleranza. Se i sostenitori della democrazia liberale non riescono a convincere il popolo che le loro voci contano, non bisogna sorprendersi se poi i populisti vincono.
Potremmo vedere però anche il lato positivo di tutto questo. Ovvero, se leggessimo questa crisi decennale come una fase di passaggio? Insomma, se più che davanti a una crisi ci trovassimo all’inizio di una nuova epoca? Fra non molto saremo in grado di rispondere a domande di questo tipo e chissà se tutto questo porterà alla fine de liberismo e alla nascita di un sistema economico e sociale in grado di portare maggiore uguaglianza tra le persone. È bene ricordare in futuro che la stabilità deve essere radicata in un’economia giusta ed equa che porti benefici non solo ad alcuni, ma a tutti.
di Antonio Zinilli