Il Natale maledetto di Ben
C’è qualcosa di profondo nel tema del Natale rappresentato in questo Ben is back. Film che in Italia esce proprio a Natale. È il Natale che Ben – tornando inaspettatamente a casa – rovina come altri precedenti Natali alla sua famiglia e – soprattutto – a sua madre Holly. Diciamo subito che è anche grazie agli interpreti di madre e figlio – Julia Roberts e Lucas Hedges – che l’opera riesce a esprimere il giusto, consistente e avvincente tono drammatico. Lucas – che è anche il figlio del regista di questo film, Peter Hedges – lo ricordiamo per la convincente interpretazione in Manchester by The Sea,accanto a Casey Affleck, guadagnandosi la candidatura all’Oscar di miglior attore non protagonista. Qui, invece, è co-protagonista e il ragazzo cresce ancora di più come interprete capace di rendere sfumature esistenziali profonde, all’altezza di quelle tematiche della vicenda.
Dicevamo che torna inaspettatamente a casa alla vigilia di Natale, per rovinare il Natale a tutta la famiglia. E non è la prima volta. Anzi, sta diventando un’abitudine. Perché Ben torna a casa dalla comunità di recupero in cui ora vive, dopo averne combinate tante con la sua dipendenza dalla droga e dall’alcol. Torna senza essersi ancora recuperato, ed esponendo dunque lui stesso a nuove ricadute e l’intera famiglia a nuovi dolorosi guai. Per questo il suo stesso apparire davanti la strada di casa genera immediatamente l’allarme, il panico.
Qual è, però, il tema profondo sotteso a quello del Natale? È il tema racchiuso nella parola stessa di Natale, ossia nascita, rapporto divino, nella sua pura intangibilità, indistinguibilità originaria – dall’interno del ventre all’attaccamento al seno – tra una madre e un figlio. Non serve neanche richiamare la circostanza che il nome della madre Holly, in inglese ha una chiara assonanza con holy, santa. Se poi, però, il mettere al mondo un figlio è anche un doverlo poi abbandonare alla solitudine, alla maledizione del mondo – come nella più classica tragedia greca –, quel rapporto non mostrerà soprattutto il suo dirupo sciagurato, oscuro? Può una madre sottrarsi a questo discendere agli inferi per tentare di ridare il Natale, la rinascita al figlio? Così, poco alla volta, giro di vite dopo giro di vite, è il paesaggio urbano stesso a mutare. Dalla linda, ordinata architettura delle villette borghesi, a quella socialmente lacerata, marcia nell’edilizia e nelle strade, buia, impenetrabile a chi non sia pronto a perdersi in essa e a offrirle le sue viscere. Ben torna al suo Natale, quale scena che precede il suo calvario, la sua crocefissione a un bicchiere, a un ago, a una sostanza. E nella sua notturna odissea con Holly, il ragazzo rincontra tutti gli angeli-demoni del suo supplizio, a cominciare dal medico di famiglia – ora beatamente nel paradiso della sua pensione – che lo avviò all’assuefazione lenta ma letale da psicofarmaci. È davvero una lotta, un rovesciamento continuo di colpi di scena, di squarci di luce e inquietanti cortine d’ombra da thriller, in una città che inghiotte soprattutto interiormente i due protagonisti.
Ben si trascina dietro la cattiva novella, la stella maledetta del suo Natale non ideale ma reale sulla faccia d’asfalto ruvido della tipica provincia americana, mai stata così universale. Perdizione e salvezza sono indissolubilmente legate, inchiodate alla stessa croce di Cristo e dei malfattori condannati accanto a lui. Alla stessa stregua il tema del Natale non può che porsi nella sua maniera più sprofondante. Perché il vero enigma, l’autentico thriller mozzafiato è se i due riusciranno a ridiscendere fino a quella soglia di biunivoca transizione originaria, che attraverso il seno, il nutrimento, in tutti i sensi inteso, diventa indistinzione esistenziale, dualità-unicità, senza soluzione di continuità tra madre e figlio.
di Riccardo Tavani