Una persona ogni venti milioni di esseri umani!

L’Europa, ottocento milioni di persone,non è stata in grado, dopo 2 settimane, di fare scendere da una nave quarantasei persone. Una persona ogni venti milioni.
Tre per l’Italia e la Francia, quattro per la Germania, due per la Spagna, mezza per ognuno degli altri paesi dell’Unione Europea. Niente da fare.

Quelle a bordo di una nave olandese, guidata da una ragazza tedesca, sono quarantasei persone che non hanno saputo chiedere a chi li voleva prenderle a bordo se la nave era di una ONG, di una associazione non governativa. Naturalmente per rifiutarsi, in caso affermativo, di lasciare il loro gommone, perché per loro il giudizio dell’Europa e del governo italiano era di morire. Cioè era di riportarle all’inferno, a morire non come persone ma come bestie nei lager libici.

Negli stessi giorni sono arrivate in Italia in aereo a Fiumicino una ottantina di persone siriane, già ospiti in campi di accoglienza nel Libano. Sono persone diverse, che hanno avuto la fortuna di trovare nella loro vita la Comunità di S.Egidio, le Chiese Evangeliche, la Tavola Valdese.

Negli stessi giorni nei paesi latinoamericani, nel Messico, al confine con gli Stati Uniti altre persone (dieci, cento, mille, diecimila) muoiono, senza un nome, senza diritti. Di loro si ha notizia perché qualcuno ha fatto conoscere foto di persone affogate in fiumi di confine, morte di fame e di sete ai piedi di un muro di ferro e cemento costruito contro di loro, tra loro e la vita.

Ho volutamente scritto “persone”. Ho notato che, in questi giorni, giustamente, molti hanno fatto attenzione a usare il termine “esseri umani” e non migranti. Ho preferito persone, perché il termine umano, senza volerlo, potrebbe far pensare a uomo, mentre in tutte le vicende della società vedono come vittima primaria la donna. Cosa che, a parte il linguaggio, è una considerazione che dovremmo avere sempre presente.
Allo stesso modo, ho ricordato che Erri De Luca scrisse o disse una volta che quando si parla di persone, per rispetto, i numeri devono essere espressi con lettere. Ed ho cercato di farlo.

Mi rendo conto di essere pedante, con queste considerazioni. Forse perché sono dell’altro secolo, anzi, forse è più corretto, dell’altro millennio.
O forse perché faccio parte di una minoranza, oggi come tanti anni fa, che credeva e crede alla felicità come speranza e diritto di tutti, che pensava davvero che “ una risata vi seppellirà, ma anche che salverà il mondo.
Perché faccio parte di una minoranza che pensava e pensa che Cristo, Dio o uomo, come preferite, disse di amare il prossimo come se stesso e venne per un cammino di perfezione uguale per tutti, per tutte le donne e gli uomini della terra, e non per tacitare le coscienze dei moderati borghesi d’Europa.
Perché faccio parte di una minoranza che non è infettata dal virus del consumo, del profitto; che pensava e pensa che una poltrona, un buon libro, un bicchiere di buon vino sono momenti migliori di quelli alla guida ad alta velocità con un’automobile appena acquistata.

Perché faccio parte di una minoranza che crede nella progettualità.
Come quella di Giuseppe Di Vittorio, che in tempo di crisi propose non solo per il mondo della classe bracciantile ed operaia, ma per tutta la società, un “Piano per il Lavoro”.
O nella progettualità che potrebbe avere l’Europa, che accanto alle tante aree porto franco concesse a disposizione della Nato creasse e gestisse in Sicilia o in Calabria porti franchi UE per la migrazione, o che realizzasse
di veri campi di accoglienza in Libia o in Messico, gestiti dall’ONU al posto delle fabbriche di violenza, di sterminio e di profitto oggi esistenti.
O la scelta di movimentI, di partitI che non lucrano voti o tacciono su iniziative antimigranti (specialmente se di colore), ma che avessero il coraggio di organizzare una nave italiana, con bandiera italiana, per andare al limite dalle acque territoriali libiche a salvare persone.
Sarebbe un atto di disobbedienza civile ? Certo, sono di una minoranza che crede che essa sia un dovere, in certe situazioni, di fronte a sofferenze di persone; che sia una testimonianza, come quella di Carola Rackete, capitana della Sea Watch o di Mimmo Lucano, sindaco di Riace …

Perché faccio parte di una minoranza che non si rassegna a un mondo soffocato dall’egoismo, dall’ingiustizia, dal profitto.
Che crede che i principi irreversibili, di diritto alla felicità, di libertà, di fraternità, di uguaglianza, sanciti in Francia nel 1789 per tutte le donne e gli uomini della terra, siano la sola speranza per il futuro.
Che crede che sia possibile un mondo nuovo, di pace, solidale, nel quale “buon giorno vuol dire veramente buon giorno” !

di Carlo Faloci