Una moneta per il Colosseo

Simbolo di Roma nel mondo e uno dei monumenti più noti, di enorme significato storico e artistico, il Colosseo era parte del progetto della dinastia Flavia di riqualificazione della zona un tempo occupata dal complesso del domus neroniana, abbattuta dopo la condanna della memoria dell’ultimo imperatore Giulio-Claudio. I proventi per la sua realizzazione giunsero direttamente dal bottino acquisito dalla guerra giudaica, combattuta da Vespasiano e poi da suo figlio Tito, celebrata ampiamente sulle monete coniate da loro.
L’inaugurazione del più grande anfiteatro del mondo antico ebbe luogo nell’80 d.C.: Vespasiano scomparve l’anno prima e non riuscì a vedere la conclusione del suo grandioso progetto. Spettò al figlio Tito, eletto suo successore, ad aprire i giochi per l’inaugurazione. I resoconti di quei giorni ci giungono pieni di particolari e furono registrati con dovizia dal noto poeta Marziale, che vi assistette personalmente. Particolarmente “epico” fu lo scontro tra due gladiatori, di pari forza e pari valore, il cui scontro sembrava non dovesse mai concludersi. Vi pose quindi fine l’imperatore che, impressionato dall’esibizione dei due, decretò che  venisse consegnato ad entrambi il “rudis”, la spada in legno che sanciva la libertà del gladiatore a cui veniva consegnata.
Per commemorarne l’inaugurazione, l’imperatore decise la coniazione di una serie di monete, sesterzi, con l’immagine del Colosseo. Qui possiamo osservare una delle primissime raffigurazioni dell’anfiteatro. Esso consta dei suoi quattro livelli e al suo interno vi sono dei puntini, ciascuno dei quali raffigura uno spettatore venuto ad assistere ai giochi. Su un lato è raffigurato un ambiente porticato di dubbia identificazione e sull’altro la Meta Sudans, la fontana di epoca repubblicana monumentalizzata in età flavia, così chiamata perché aveva la forma della “meta” che si trovava nel Circo e “sudans” poiché sembrava sudasse: da una sfera in bronzo bucherellata posta sulla cima, infatti, fuori usciva dell’acqua. Secondo la leggenda, i gladiatori venivano qui a lavarsi, dopo gli incontri nell’arena.
Questo monumento restò in piedi fino al 1936, quando il regime ne decretò la distruzione per la realizzazione di via dei Trionfi.
Sull’altro lato della moneta è raffigurato Tito, in toga, seduto su una catasta di armi: sono quelle sottratte ai nemici durante la guerra giudaica. Tale raffigurazione ricorda che l’anfiteatro fu costruito con il denaro ricavato dal bottino di guerra.
Il regno di Tito fu molto breve e terminò nell’81, sembra a causa di una malattia. Il suo successore, il fratello Domiziano, decise la sua divinizzazione e per onorarne la memoria, si continuò brevemente ad emettere lo stesso tipo di moneta.
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