Il cuore antico della cultura lgbt a Riga

Giugno è il mese della cultura lgbt. Il gay pride baltico doveva tenersi a Riga il 6 giugno, ma è stato cancellato a causa del coronavirus e dei suoi dannosi effetti. In fondo la capitale lettone è un importante centro della cultura lgbt fin dagli anni venti del novecento. All’epoca Riga divenne un importante centro della cultura omosessuale e del travestitismo. I cittadini si concedevano piaceri pericolosi, fioriva una ricca subcultura come quella che si respirava nei locali, nei bar e nei luoghi di ritrovo della Repubblica di Weimar: i balletti e gli spettacoli degli attori travestiti erano tra le performance più ricercate e applaudite.

Quasi impensabile il tutto se paragonato ai nostri primi anni del novecento.

Gli artisti non nascondevano la loro attrazione per i rappresentanti dello stesso sesso. Il noto attore Aleksis Mierlauks, negli angoli appartati dei camerini, elargiva innocue carezze e sussurrava sentite frasi di ammirazione alle giovani comparse, le quali a loro volta, lungi dal lamentarsi presso le autorità, accettavano tali attenzioni come un male necessario. Un altro attore importante, Roberts Tautmīlis-Bērziņš talvolta recitava in ruoli di donna e sul palco adottava pseudonimi femminili.

I travestiti erano numerosi, s’incontravano nello sfarzoso night Alhambra, nel parco Verman e nelle bettole di via Kaļķu. Sui giornali si parlava anche del caffè Stambul dove, dalle 10 alle 11 di sera, si riuniva un gruppetto di esili giovinetti con il viso incipriato e le labbra tinte.

Nella tollerante Riga la vera rivoluzione la portò il sessuologo tedesco Magnus Hirschfeld. Nel maggio del 1926 tenne diverse lezioni sull’omosessualità nel contesto della storia e dello sviluppo della società contemporanea. Toccò tra l’altro anche il tema del travestitismo, che all’epoca lo impegnava molto e a cui aveva già dedicato un serio e ampio studio. Il baffuto dottore impartiva al pubblico lezioni circa la natura dell’amore e delle sue illimitate variazioni, sul travestitismo e sull’androginia forzati, sugli uomini con la gonna e le donne in pantaloni. Il pubblico ne fu entusiasta. Eppure, nell’ottobre del 1926, quello stesso pubblico non esitò a condannare per “amoralità” alcuni giovani legati dallo stesso sentimento di cui parlava il professore tedesco solo pochi mesi prima.

Nel bel mezzo del centro storico di Riga, in via Richard Wagner, al numero 14 c’è una simpatica casetta giallo oliva. Vasi di fiori decorano le finestre pitturate di fresco del primo piano. Dal secondo penzola una ruota (a segnalare il negozio di noleggio di biciclette) e una targa mostra due turchi che discutono animatamente davanti a tazze fumanti, a indicare il caffè Divi Turki. Nel 1920 non c’era tutta questa libertà, l’atmosfera non era così accogliente. La viuzza si chiamava Grande Via Regia, anche se ci abitavano persone comuni, impiegati, commercianti, una piccola e media borghesia.

L’appartamento di due stanze al secondo piano della casetta l’aveva preso in affitto l’impiegato Emil Kozlovskij, che trasformò la sua abitazione in un salotto per omosessuali. Lo frequentavano i suoi amici, attori, studenti, i bohémien di Riga. Una generosa accoglienza era riservata anche a soldati e marinai che capitavano di tanto in tanto, attirati dalle gaie festicciole, dall’alcol gratis e dalla possibilità di facili guadagni.

Tra gli ospiti di Kozlovskij c’erano anche dei travestiti.

La prudenza e il mascheramento tuttavia non bastarono a Kozlovskij per evitare che qualcuno si accorgesse dei festini a cui partecipavano travestiti e soldati. I vicini lo denunciarono alla polizia. All’inizio del novembre 1926 le autorità fecero irruzione nel suo appartamento, lo arrestarono insieme a tutti i suoi ospiti e li condussero alla stazione di polizia. Dietro le sbarre erano rimasti in quattro. Gli interrogatori procedevano con lentezza. Emil Kozlovskij, l’affittuario, probabilmente maltrattato durante l’interrogatorio, morì mentre l’indagine era ancora in corso, nel febbraio 1927. Altri furono condannati secondo l’articolo 516 alla massima pena: tre mesi di prigione e una multa da pagare. Questo caso suscitò un interesse piuttosto duraturo sui giornali data la libertà cui il popolo da sempre era abituato.

I giornali tuttavia continuavano a pubblicare spesso notizie su spettacoli di travestiti e sulla polizia locale a caccia di omosessuali. Ma i più arditi e coraggiosi furono gli editori della rivista Preciniece/Svaha (settimanale di annunci matrimoniali). Sulle sue pagine, nel 1928, fu pubblicato un racconto autobiografico di un amore omosessuale, firmato con lo pseudonimo Siluets. Quasi di sicuro si trattava di un russo, probabilmente un emigrato legato al mondo dell’arte. È uno dei primi rari esempi di prosa omosessuale russo-lettone. Due amici fin dall’infanzia, Aleksandr e Peter che con il tempo scopriranno il loro interesse reciproco trasformarsi in amore.

I due amici si diplomarono, cominciarono gli studi universitari, affittarono una stanza insieme. Ma la loro serena convivenza non durò a lungo, giravano voci che fossero omosessuali. E quando lo seppero le autorità, ai due amici toccò lasciare gli studi e la città.

Passarono molti anni. Ormai avevano entrambi i capelli completamente grigi, ma non si erano traditi nemmeno una volta.

Due uomini, come marito e moglie, hanno vissuto insieme per più di trent’anni.

La pubblicazione di questo racconto di cui oggi si sa pochissimo, diede alla città di Riga la sensazione e la speranza che tutto sarebbe tornato alla normalità, al concetto di amore unico senza distinzione, un amore universale che in quanto tale non può destare scalpore né per questo essere oggetto di rappresaglie, detenzioni ed aggressioni fisiche e verbali.

A Riga si deve, fin dal 900, l’antica cultura dell’amore senza confini.

di Stefania Lastoria

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