Mettete dei fiori sui vostri balconi
“Dare il melitosio alle api quando fioriscono i marugòni”. C’era scritto così su un foglietto appeso al muro della cucina dei miei nonni. Serviva a ricordarsi di integrare la dieta delle api al tempo della fioritura delle acacie (in dialetto “i marugòni”.) Cinquant’anni fa allevare api in campagna era una consuetudine. Man mano che i campi coltivati sono diventati più estesi, sono cambiate anche le pratiche agricole. I cambiamenti nell’uso del suolo e nella struttura del paesaggio, le pratiche agricole intensive, la monocoltura e l’uso dei pesticidi hanno determinato perdite delle famiglie delle api su larga scala, la frammentazione e il degrado del loro habitat creando un fenomeno preoccupante, la sindrome dello spopolamento degli alveari, vale a dire la perdita di api operaie adulte nelle loro colonie.
Un’ape vive meno di quaranta giorni, visita almeno diecimila fiori e produce meno di un cucchiaino di miele, ma garantisce la continuità della vita sul nostro pianeta. Un terzo di ciò che mangiamo ha origine da colture impollinate da api. La loro sopravvivenza è a rischio. Probabilmente il declino delle popolazioni degli impollinatori avrà un impatto sulla produzione e sui costi delle colture ricche di vitamine come frutta e verdura, portando a diete sempre più sbilanciate e problemi di salute, come la malnutrizione. E’ famosa la frase attribuita ad Albert Einstein secondo cui “se un giorno le api dovessero scomparire, all’uomo resterebbero solamente quattro anni di vita.”
Se le api muoiono siamo tutti spacciati.
Essenziali per la biodiversità, le api sono anche particolarmente utili come bioindicatori della qualità dell’ambiente. Due ragazzi giovani e intraprendenti della Tuscia, Michele apicoltore e Andrea esperto di marketing, entrambi di Fabrica di Roma (VT), hanno dato vita al progetto Bee Human, che prevede la creazione di oasi biologiche completamente dedicate alle api con funzione di sentinelle, per sensibilizzare le comunità sull’uso indiscriminato di sostanze nocive per le api e per l’uomo. Le stazioni di monitoraggio basate sulle api come bioindicatori vengono perciò impiegate per valutare la qualità dell’aria che respiriamo. Le api indicano il danno chimico dell’ambiente in cui vivono attraverso due segnali: l’alta mortalità (nel caso dei pesticidi) e attraverso i residui che si possono riscontrare nei prodotti dell’alveare (nel caso degli antiparassitari e di altri agenti inquinanti). Molte caratteristiche etologiche e morfologiche fanno dell’ape un buon rilevatore ecologico: è facile da allevare, può vivere quasi ovunque, non ha particolari esigenze alimentari, ha un alto tasso di riproduzione, un ampio raggio di volo che permette di controllare una zona vasta, effettua prelievi giornalieri perlustrando l’ambiente intero (terreno, piante, acqua, aria) ed è capace di riportare in alveare materiali esterni di varia natura e di immagazzinarli secondo criteri controllabili, non ha grandi costi di gestione, specialmente in rapporto al grande numero di campioni che effettua.
Se vogliamo salvaguardare il mondo che lasceremo in eredità ai nostri figli, dobbiamo cambiare le nostre abitudini e tornare ad avere un autentico rispetto per la natura. Anche chi non è apicoltore, anche chi non si occupa di agricoltura, può compiere un gesto semplice che aiuti le api a sopravvivere: piantare fiori ovunque sia possibile e contribuire così a creare dei corridoi verdi per le api, percorsi cittadini costellati di fiori e piante per nutrire gli insetti.
Mettiamo dei fiori sui nostri balconi.
di Daniela Baroncini