ECOLOGIA INTEGRALE E UMANESIMO SOLIDALE

silviaL’ecologia umana è al cuore dell’ecologia integrale, essenzialmente perché l’essere umano è il nucleo centrale dell’ambiente che lo circonda, in quanto lo influenza, lo modifica, lo adatta alle sue esigenze vitali e alle sue necessità. La natura dell’uomo in realtà si manifesta sia in modo razionale che spirituale, proprio perché, a differenza degli altri esseri viventi, l’uomo possiede una interiorità unica, una predisposizione all’introspezione ed una sua morale personale. Queste le premesse per avere una idea di comprensione e inclusione all’interno di uno stesso genere: il genere umano.

Questa è la storia di Happy, di Joy, di Felicity, di Mercy e di tutte le ragazze nigeriane con bellissimi nomi legati alle virtù e ai loro doni, hanno storie molto simili, sono delle ventenni e rivedendo in loro i miei due figli di 27 e 25, non posso fare a meno di notare quanta disparità e inequità vi è fra le loro vite ed i loro destini. Tante ragazze e ragazzi che hanno vissuto il dramma della povertà e di tutte le vicissitudini legate alla fuga dalla loro patria, e che una volta arrivati qui in Italia, hanno chiesto protezione ed asilo politico. Giovani ragazze che hanno affrontato un viaggio lunghissimo, in auto, in bus, in mezzi di fortuna, ma soprattutto a piedi, vivendo il pericolo ogni giorno e dietro ogni angolo, attraversando ben tre stati africani poco sicuri e accoglienti, e che infine, hanno dovuto sopportare le vessazioni nei campi di smistamento profughi in Libia, quei campi dove per mesi vivono violenze e privazioni nell’attesa di venire accatastate su di un barcone e buttate in mezzo al mare nelle vicinanze delle coste italiane.  Non sapremo mai se dovremo classificarle all’interno della casistica THB ovvero Traffic of Uman Beings, perché non si confidano, rimangono chiuse a riccio e non raccontano apertamente la loro storia, non ammettono che sono vittime della tratta, di loro sappiamo solo che sono sbarcate a Lampedusa, dopo un disperato viaggio della speranza ed oggi ci chiedono aiuto. Oggi vivono in Centri di Autonomia e Integrazione per richiedenti asilo, dove trovano un alloggio, cibo e sono supportate per quel che riguarda le necessità burocratiche, aiutate nella compilazione dei certificati, dei documenti, seguite in corsi di formazione e di lingua italiana. Nello specifico, do una mano nel Centro S. Bahkita, che fa sue le parole di Paolo VI, nell’Enciclica Popolorum Progressio, quando ricorda: «Essere affrancati dalla miseria, garantire in maniera più sicura la propria sussistenza, la salute, una occupazione stabile; una partecipazione più piena alle responsabilità, al di fuori da ogni oppressione, al riparo da situazioni che offendono la loro dignità di uomini; godere di una maggiore istruzione; in una parola, fare conoscere e avere di più, per essere di più: ecco l’aspirazione degli uomini di oggi, mentre un gran numero d’essi è condannato a vivere in condizioni che rendono illusorio tale legittimo desiderio»

Happy, Joy, Mercy,  fanno parte di quella moltitudine di ragazzi che vengono chiamati “ sfollati climatici”, perché provenienti da un paese africano che non è un paese apertamente in guerra come per esempio il Camerun, Mali o il Sudan, ma da un paese dilaniato da guerre intestine ma con un governo abbastanza stabile, un paese  povero e con mille contraddizioni, questo è vero, ma che incredibilmente presenta una lenta e lieve  crescita economica che seppur con alti e bassi, mantiene una incontestabile costanza, perché collegata ai vari giacimenti di petrolio che garantiscono una certa economia. La Nigeria è uno dei paesi più popolosi dell’Africa, con i suoi 190 milioni di abitanti, di cui quasi la metà (il 40%) ha meno di quattordici anni. Un paese i cui confini sono sede di guerre civili, di occupazioni, di ribellioni e di violenza, dove per esempio le incomprensioni fra agricoltori e pastori, causano gravi problemi di convivenza su quei territori del centro-nord, che a causa della siccità e della desertificazione, sono diventati inospitali, aridi ed hanno reso impossibile la vita, in parole povere la disputa tra pascoli e campi coltivati, ha di fatto complicato l’equilibrio tra gli abitanti della zona. Il cambiamento climatico è quindi una delle cause maggiori di questo esodo di migliaia di ragazzi e ragazze che cercano di migliorare le proprie condizioni di vita, perché nel luogo dove sono nati si sono esaurite le risorse ed è impossibile continuare a vivere. Questo è solo uno dei motivi per cui tutti questi ragazzi scappano verso la Libia con l’obiettivo di imbarcarsi e di raggiungere l’Europa.  Un altro motivo è quello dello sconsiderato sfruttamento dei terreni adibiti agli scavi per l’estrazione del greggio, chilometri e chilometri di devastazione ambientale, in cui le trivelle e il dio denaro, hanno sconvolto irreparabilmente terre una volta felicemente abitate, terre da cui oggi i ragazzi sono costretti a fuggire. Vi sono dunque, molteplici fattori che spingono questi giovani a diventare “sfollati climatici”, ecco perché bisognerebbe indagare a fondo sulle questioni relative al fatto che la Nigeria è il paese sub-sahariano con il picco più alto di emigrazione. Prendo le parole di Papa Francesco con cui, in occasione della Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato del 2019, ha tenuto a specificare l’importanza di visualizzare l’ambito in cui i nostri sforzi vanno indirizzati, ovvero più in generale localizzare le periferie esistenziali, ma nello specifico, passare dalla superficie alla profondità «si tratta di tutti gli abitanti delle periferie esistenziali che, assieme ai migranti e ai rifugiati, sono vittime della cultura dello scarto. Il Signore ci chiede di mettere in pratica la carità nei loro confronti; restaurare la loro umanità, assieme alla nostra, senza escludere nessuno, senza lasciare fuori nessuno».

Restaurare la loro umanità deve essere l’obiettivo principale, dare loro una dignità perduta e restituirgli una identità, integrarle nella nostra società, istruirle, formarle, cercargli una occupazione.

A tal proposito affermano in una lettera, i vescovi Boliviani riuniti nella conferenza episcopale: “L’ambiente umano e l’ambiente naturale si degradano insieme e non potremo affrontare adeguatamente il degrado ambientale, se non prestiamo attenzione alle cause che hanno attinenza con il degrado umano e sociale. Di fatto, il degradamento dell’ambiente e quello della società colpiscono in modo speciale i più deboli del pianeta: «tanto l’esperienza comune della vita ordinaria quanto la ricerca scientifica, dimostrano che gli effetti più gravi di tutte le aggressioni ambientali, li subisce la gente più povera.»”.

Ecco quindi, che anche quasi ogni giorno Papa Francesco ci ricorda di mettere il nostro impegno per il cambiamento, rivolgendo un appello a tutti, specificando bene che è indirizzato a chiunque abiti su questo pianeta: tutti gli uomini di buona volontà, a prescindere dal loro credo religioso, politico o ideologico. Tutti facciamo parte della madre terra, dove tutto è connesso. Ecco il motivo per cui in questo momento storico, è importante capire la necessità di un cambiamento epocale, ecco perché si richiede la partecipazione di tutti per migliorare le cose. Siamo giunti al punto di non ritorno, quindi adesso sta a noi accogliere questo appello e agire di conseguenza, ognuno nel proprio piccolo, ognuno con quello che sa fare, ognuno come può.

di Silvia Amadio