Il gol per Gino Strada di Yayah Kallon

Un sinistro a giro sotto l’incrocio dei pali, un gol di bellezza rara, il primo tra i professionisti. Yayah Kallon si presenta così al pubblico del Genoa, mettendo la ciliegina sulla torta della rimonta, 3 a 2, contro il Perugia, in Coppa Italia. Un gol che l’attaccante, classe 2001, ha deciso di dedicare a Gino Strada.

“La mia rete la dedico a lui, anche se sono consapevole che non potrà essere certo abbastanza per ringraziare un medico che ha fatto moltissimo per il mio Paese, dove ha costruito ospedali importanti, curando centinaia di migliaia di persone e pure per tutta l’Africa, aiutandoci pure quando è scoppiata l’ultima epidemia di Ebola nel 2012. Sono molto triste per tutto questo”.

È il 2015, Kallon ha 14 anni e deve scappare dal suo paese, la Sierra Leone. “Lì anche oggi c’è un gruppo terroristico che rapisce i bambini per trasformarli in soldati e i miei genitori avevano paura che potesse succedere anche a me. Così decisero di farmi partire. È stata dura, non volevo ma era la cosa migliore da fare”. Otto mesi di viaggio, a piedi, per tutta l’Africa. La prima chiamata a casa solo dopo due mesi. Poi l’arrivo nell’inferno di Libia. “Il viaggio è stato lungo e difficile, all’inizio ero da solo poi lungo il percorso ho incontrato ragazzi di tanti paesi, dalla Costa d’Avorio al Senegal al Mali ed anche se non parlavamo la stessa lingua abbiamo fatto gruppo. Il momento peggiore è stato sicuramente il periodo in Libia. Lì non c’erano regole e incontravi ragazzini che giravano armati. Per pagarmi la traversata via mare ho lavorato, ho fatto di tutto, dal muratore alle pulizie in casa. E quando sono riuscito a raccogliere i mille dinari che servivano mi hanno rapinato così ho dovuto ricominciare da capo”.

È Paolo Bordonaro, oggi procuratore di Kallon, a raccontare altri dettagli del viaggio: “Quattro ore di tragitto rinchiuso in un bagagliaio di un’auto con altri quattro ragazzini da Bengasi a Tripoli con la possibilità di respirare attraverso alcuni buchi nella carrozzeria – ha raccontato a Goal.com – Mi ha spiegato che ci metteva la bocca sopra per respirare. Per sei mesi non ha parlato con la madre che lo pensava morto e nel frattempo anche il fratello è stato rapito”. Poi il salto nel Mediterraneo, il viaggio in barcone, l’arrivo a Lampedusa. Poi la vita che sembra prendere, finalmente, la piega giusta. Arriva a Scicli, a Genova, poi in Piemonte, in un piccolo paese della provincia di Alessandria, Cassine. Qui Kallon studia, prende la licenza media con il massimo dei voti e intanto prende a calci il pallone. Gioca per una piccola squadra del posto quando viene notato da Michele Sbravati, che La Stampa definisce “il guru del settore giovanile del Genoa”. Lì scatta la scintilla.

“Mi accompagnarono negli spogliatoi – racconta Yayah Kallon a La Gazzetta dello Sport – per chiedermi del mio passato, ma io non avevo mai giocato davvero a calcio, soltanto a casa mia in Sierra Leone per strada, sino a quel momento. Talvolta facevo le sfide con i ragazzi più grandi, che però mi mettevano in porta perché secondo loro ero troppo bravo…”. Iniziano così gli allenamenti con gli allievi e poi con la primavera del Genoa, va in prestito al Savona per mettere su esperienze e poi torna al Grifone. Esordio in A, lo scorso maggio contro il Cagliari e adesso il primo gol con i grandi. “Venerdì ho subito avvisato la mamma che avevo segnato con la prima squadra, era felicissima. Ho visto la gente soffrire, anche quando sono passato dalla Libia e ho faticato. Certe esperienze, però, mi hanno anche aperto il cuore”.

Un cuore grande, che non dimentica chi l’ha aiutato. E Kallon davanti ai microfoni li nomina uno a uno: Luca Chiappino, Michele Sbravati, Carlo Taldo, il mister Ballardini, Alessandro Zarbano e di nuovo Paolo Bordonaro, che «è diventato il mio papà italiano». E tra questi c’è anche Gino Strada. Che ha seminato fiori ovunque, nel mondo.

di Lamberto Rinaldi

Print Friendly, PDF & Email