Democrazia e stato d’eccezione

Massimo Cacciari e Giorgio Agamben sono due filosofi politicamente classificati a sinistra. Agamben, addirittura, si considera anarchico. Donatella Di Cesare, altra importante filosofa contemporanea, invece, ritiene le loro prese di posizione ,accusate di  negazionismo su Covid, vaccino e greenpass, non semplicemente controverse, ma direttamente di destra. Non è assolutamente facile, però, sovrapporre le categorie della filosofia con quelle della politica. Soprattutto della cosiddetta politique politicienne, politica politicante. Perché, invece, la filosofia, fin dalle sue antiche origini greche, è stata la vera nobile radice teorica della politica, come Res publica. I più grandi principi, divenuti poi realtà istituzionale sono scaturiti dal pensiero filosofico. Cacciari, è un pensatore  di profondo valore teorico-speculativo, che ha sempre partecipato attivamente all’agone politico, anche assumendo cariche istituzionali, come quella di deputato, europarlamentare e Sindaco di Venezia in due diversi mandati. La sua presenza in giornali e tv è pressoché quotidiana. Giorgio Agamben, invece, non appare quasi mai sui grandi media, ma è il filosofo che ha più contribuito, ormai da anni, a radicalizzare un concetto che ha una lunga storia alle sue spalle: quello di stato d’eccezione. È questa la condizione per la quale, sulla scorta di eventi eccezionali, vengono derogate, sospese le norme giuridiche che regolano la vita pubblica, le libertà singole e collettive. Per questo Carl Schmitt, il giurista tedesco che nella seconda metà dell’800 mette a punto questo concetto, scrive: “Sovrano è chi decide sullo stato d’eccezione”.

Agamben e Cacciari sostengono che nella situazione politica del presente non si fa che passare da uno stato d’eccezione, da un’emergenza all’altra, e che questo ha portato a un progressivo e ormai pressoché totale svuotamento delle regole costituzionali, parlamentari, governative, pubbliche, sociali, ecc. L’emergenza pandemica da Covid, affermano, è solo l’ultimo anello di una catena destinata a vedersene aggiunti altri. Emergenza economica, terroristica, migratoria, sanitaria, prossimamente climatica, e via ad infinitum. È alla seconda metà del ’700 che risale la dottrina fisiocratico-liberista del laisser faire, laissez passer, lasciar fare, lasciar passare. C’è la carestia, la morte per fame? Bene, non cercheremo più di combatterla: la lasceremo correre, cercando di stravolgerla a vantaggio del potere economico. Da allora, per Agamben, il permanente stato d’eccezione, l’emergenza causa stato di forza maggiore per minaccia alla sopravvivenza collettiva, è via via elevato a sistema unico di governo.

Tra le varie emergenze, però, ne viene trascurata una macroscopica, ossia proprio quella attinente alla politica. Questa, infatti, non solo mostra la sua incapacità di affrontare e risolvere i grandi problemi contemporanei, ma è sempre più l’intervento del suo apparato complessivo ad aggravarli. Persino la pandemia è il risultato di politiche nazionali e internazionali non tanto inette ad arrestare il degrado ambientale che l’ha determinata, quanto hanno attivamente concorso all’estrazione violenta del mondo. Non potendosi negare la pandemia in atto, dovremmo così domandarci chi dovrebbe sostituire l’abusivo e occlusivo governo dell’eccezione? Quelle stesse istituzioni e organizzazioni politiche che hanno contribuito a innescare la catena di successive emergenze? O i grandi filosofi, secondo quanto preconizzato da Platone proprio nella sua opera maggiore Politéia, La Repubblica? Ossia la politica – anche nel suo indissolubile legame con la filosofia – eletta a rimedio di un declino di cui è costante causa? 

Cacciari, soprattutto, conosce a fondo la lezione di Emanuele Severino, essendo stato suo collega sia all’Università Ca’ Foscari di Venezia che a quella Vita-Salute San Raffaele a Milano. Per il grande filosofo bresciano il declino della politica, della democrazia, e l’ascesa della Scienza, della Tecnica, sono iscritte all’origine stessa dell’episteme, della filosofia occidentale. Per questa, infatti, l’essere scaturisce dal nulla e a esso ritorna. Quindi può anche artificialmente, per intervento umano venire determinato, creato, costruito dal nulla, manipolato e poi distrutto, annichilito, rigettato nel nulla. La tecnica, la scienza erano così fin dall’inizio destinate, inevitabilmente, a diventare lo strumento privilegiato, oggettivamente più preciso ad attuare questo incessante processo di creazione, manipolazione, distruzione di ogni ente, cosa, situazione esistente.

Così se una Costituzione, ossia una tavola delle nuove regole della Res publica, della vita comune va riscritta è a partire dalla situazione ascendente e non da quella tramontante.

di Riccardo Tavani