Beppe Alfano. Ucciso nel 1993

La notte dell’otto gennaio 1993 viene ritrovato il corpo di Beppe Alfano, in Via Marconi, a bordo della sua auto. Ucciso con tre colpi di pistola, due al volto e uno al petto.

Il professor Alfano, quella sera, aveva appena accompagnato a casa la moglie, raggiunta poco prima alla stazione, e, senza spiegazioni, si era allontanato rapidamente da lei, dopo la raccomandazione di entrare subito in casa. Il tempo di una telefonata, da parte della figlia, al giornale presso cui lavorava, per rintracciare il padre, e già si era diffusa la voce della scoperta del suo corpo.

Beppe Alfano muore a 47 anni. Insegnante di educazione tecnica era anche, di fatto, un giornalista abile e impegnato. Da poco più di un anno era collaboratore del giornale La Sicilia e si occupava di due televisioni di Barcellona Pozzo di Gotto. In questo lavoro, il suo particolare fiuto investigativo lo rendeva in grado di collegare e ricostruire fatti ed eventi che denunciava.

A dicembre del 1992 Beppe Alfano aveva già avuto sentore di essere in pericolo di vita e ne aveva parlato con i suoi familiari, ma senza spiegarne le motivazioni. Era convinto, sicuro, che sarebbe stato ucciso entro lo stesso mese, prima del nuovo anno. Si sbagliò di pochi giorni.

Impegnato in politica, nella destra di Almirante, uomo integro, lottava contro ogni forma di corruzione, con ogni mezzo possibile, andando anche contro forme di potere consolidato. Non era un uomo da compromessi e questo non lo rendeva a tutti gradito.

Viveva ed esercitava a Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messina, una città e provincia in cui la mafia è silente ma molto presente. Una città che è stata, in passato, punto di riferimento per diversi traffici, compresi quello di sigarette e droga, che ha ospitato, nel suo manicomio criminale, anche leader mafiosi.

Nel periodo in cui Beppe Alfano cominciava a scrivere per il quotidiano La Sicilia, a Barcellona P. di Gotto era stata rallentata, dall’arresto di uno dei boss emergenti, Pino Chiofalo, una sanguinosa guerra di mafia, nata dal tentativo del Chiofalo di emergere sul territorio in contrasto con Cosa Nostra. Nello stesso periodo veniva ucciso, dando luogo al pentimento del padre, Lorenzo Chiofalo. Da quel momento su Barcellona si sentiranno maggiormente le influenze di Cosa nostra catanese, di cui il maggior rappresentante era Nitto Santapaola.

Le scoperte che Beppe Alfano fece in quel periodo, i percorsi investigativi da lui seguiti, legati alla massoneria, al potere, al ricchissimo flusso di denaro per il raddoppio della linea ferrovaria, è molto probabile che siano alla base della sua uccisione mentre sono da imputare solo alla volontà di screditare, infangare la sua figura, le altre piste, emerse in quel tempo.

Egli era un profondo conoscitore del clima barcellonese, della storia mafiosa e politica di quella città. Le indagini che lui, nel suo lavoro giornalistico, stava conducendo e la sua vicinanza alla magistratura, lo portarono. pochi giorni prima del suo omicidio. a chiedere con urgenza un colloquio con il dottor Olindo Canali ma l’incontro non avvenne proprio per la sua uccisione.

A distanza di ventinove anni dall’omicidio, la figlia, Sonia Alfano chiede, ancora e a ragione, che lo Stato, i colleghi del padre, tornino ad interessarsi dell’omicidio di Beppe Alfano, ricordando a tutti, a ragione, di non dimenticarlo.

di Patrizia Vindigni