Fedez e l’omologazione dell’interiorità

Ho un amico che fa lo psicologo.

Ogni tanto, mentre chiacchieriamo, provo a estorcergli bonariamente qualche informazione sui casi cui sta lavorando. Lo prendo in giro, con simpatia e amicizia, gli dico: ma chi sei, 007?

Eh già, perché lui, dei suoi pazienti, del suo lavoro, non mi vuole e deontologicamente non mi può dire niente. Niente, neanche i nomi. La psicoanalisi è l’ultima spiritualità rimasta in Occidente,

e la stanza dell’analista ha preso il posto, come notava acutamente Jung, del confessionale dove l’anima della persona si denudava davanti a Dio, oggi sostituito dal proprio io e dall’ascolto del terapeuta. Dottore mi sono sbronzato e sono andato con un altro uomo; dottore a volte mi viene voglia di uccidere mio padre; dottore questa cosa di me mi fa accapponare la pelle e provo ribrezzo di quello che sono diventato. Il Segreto della stanza d’analisi ci protegge dal peso del giudizio altrui, e protetti da un ascolto fidato in Occidente da ormai un secolo mettiamo a nudo il peggio e il meglio di noi per cercare di tenere insieme i pezzi ed essere persone migliori.

Io, personalmente, in analisi sono arrivato a rivelare cose talmente intime e profonde che, se sapessi che potrebbero essere ascoltate anche solo da mio fratello, per evitarlo ucciderei (metaforicamente). In analisi mi viene la voce di un bambino di 5 anni a volte, e mi ritrovo lì a dire cose tipo ho tanta paura, aiuto, dottoressa, mi vuole bene, vero? Frasi che, se le vedessi riprodotte sui social, impazzirei annegando nella vergogna e nella furia. Sentire l’audio del pianto di Fedez in analisi, quando ha condiviso col suo psicologo la scoperta del suo tumore, sentire una cosa così intima e sacra come ho paura di morire cazzo, e che i miei figli non si ricordino il mio volto, condivisa con milioni e milioni di persone, di fatto sconosciuti, mi ha steso, scosso, attaccato al muro. Wow, ho pensato. Quanta forza ci vuole per condividere una cosa così profonda? Quanto coraggio, quanta sincerità? Io stimo sia Federico Leonardo Lucia che sua moglie Chiara Ferragni. Sono persone in gamba, che, condividendo il lavoro interiore che fanno su sé stessi, stanno facendo tantissimo bene a tante persone, me compreso. Nessuno può giudicare le intenzioni e il gesto di condivisione di Federico Leonardo Lucia: chi siamo noi? E tuttavia immaginare una società dove tutti condividono tutto con tutti, dove ci si apre e ci si espone con estranei a questo livello, un pochino mi fa paura. Ne ha scritto Umberto Galimberti, nel suo libro L’Ospite inquietante, in un capitolo intitolato l’omologazione dell’interiorità. Se condivido tutto di me con tutti, non lasciando alcun segreto a presidiare le zone più preziose della mia interiorità, non c’è il rischio – soprattutto in soggetti più fragili – che alla lunga quel nucleo intimo che tutte le culture umane hanno sempre riscontrato dentro ognuno di noi, e che la nostra tradizione ha chiamato anima, semplicemente in me non esista più?

di Giacomo Fagiolini

Print Friendly, PDF & Email