La signorina Giulia
Un’ora e 20 minuti di dialogo serrato, parossistico a tratti, vola via velocemente
La struttura della scena, due piani angusti, uno per superficie l’altro per altezza, danno immediatamente l’idea del dislivello, delle diverse posizioni nella società.
È immediata la percezione di diversi strati sociali, servitù, domestici ,padroni, e della distanza che li separa, messa in evidenza dalle diverse modalità di accesso al piano superiore: agevolato quello della padrona, la signorina Giulia, che ad esso appartiene, faticoso, sofferto quello del domestico.
La loro reciproca relazione la gerarchizzazione, ma soprattutto l’accettazione della stessa e quindi il sentimento di subalternità conseguente che emerge nel momento in cui la ‘serva’, l’ultima ruota, quella che neanche prova a cambiare livello, fa la sua considerazione sconsolata: “Non saremo mai come loro”.
Anche le classi superiori sono costrette ad accettare una gerarchizzazione, un dover essere subalterne rispetto a chi sta più su, tant’è che quando si sale, faticosamente, al livello superiore si deve abbassare la testa, accettarne regole e condizionamenti.
Vale per tutti, anche per chi, come la signorina Giulia, è figlia della trasgressione (“non voglio essere tua moglie, ma la tua amante” rispose la madre alla proposta del padre), della non accettazione del sistema anche lei deve accettare la subalternità anche perché donna e in quanto donna è subalterna rispetto all’uomo, al padre, che al momento opportuno, interviene e mette le cose a posto, ristabilisce le distanze che non possono essere annullate neanche dalla promiscuità e Giulia lo stigmatizza ribadendo al domestico che “sei solo entrato nel mio corpo”.
Null’altro è avvenuto
Corrado Venti