Francesco Emanuele Marcone: ucciso per onestà

Francesco Emanuele Marcone era un uomo delle istituzioni, un dirigente pubblico che svolgeva il suo lavoro con dedizione e integrità. Ricopriva un ruolo chiave nell’amministrazione della Provincia di Foggia, dove, come direttore generale, si occupava di gestire fondi e controllare il corretto utilizzo delle risorse destinate alla collettività. Era una figura rispettata, nota per la sua professionalità e per il rigore con cui affrontava ogni incarico, anche quelli più delicati.

Il 31 marzo 1995, Marcone fu assassinato con sette colpi di pistola mentre usciva dalla sua abitazione a Foggia. L’esecuzione, fredda e metodica, aveva tutte le caratteristiche di un delitto di matrice mafiosa, un messaggio inviato a chiunque osasse contrastare gli interessi illeciti radicati nel territorio.

Il suo impegno lo aveva portato a scontrarsi con un sistema opaco, in cui interessi criminali cercavano di condizionare le decisioni pubbliche. Marcone, con la sua fermezza, rappresentava un ostacolo per chi voleva piegare le regole a proprio vantaggio. Le indagini rivelarono che attorno a lui ruotavano tensioni legate a potenti gruppi di pressione, composti da persone che occupavano posizioni di rilievo nel mondo economico, politico e malavitoso.

C’era chi, in quegli anni, deteneva il controllo su appalti e finanziamenti pubblici, cercando di deviare fondi per arricchirsi illegalmente. C’era chi ricopriva ruoli istituzionali ma agiva in connivenza con ambienti criminali, garantendo protezione a chi violava la legge. E poi c’erano coloro che, con la violenza, imponevano la propria legge, eliminando chiunque si opponesse ai loro disegni.

L’omicidio di Marcone rientrava in una strategia tipica della criminalità organizzata: colpire chi, dall’interno delle istituzioni, rifiutava ogni compromesso. La sua morte non fu solo un attacco alla sua persona, ma un colpo inferto alla legalità e alla democrazia.

Oggi, la sua figura rimane un simbolo di coraggio e dedizione al bene comune, un monito contro chi crede di poter sopraffare lo Stato con la violenza e la corruzione. A quasi trent’anni dalla sua scomparsa, la sua memoria deve essere preservata, perché il suo esempio continui a ispirare chi crede in un’Italia più giusta, dove il dovere e l’onestà prevalgano sugli interessi illeciti e sulla sopraffazione mafiosa.

Francesco Emanuele Marcone non è stato dimenticato. La sua lotta per la trasparenza e la legalità resta più viva che mai.

Eligio Scatolini