Le scelte ed il sacrificio di Rossella Casini

La morte di una ragazza, quattro volte coraggiosa.

A volte la vita sembra destinata ad un suo corso semplice ed usuale, ma le storie del coraggio mostrano che ad un certo punto tutto viene stravolto, perché di fronte a qualcosa terribile, si sceglie di non fuggire, di non chiudere gli occhi, di agire, di rischiare…
Era una bella e brava studentessa di psicologia dell’Università di Firenze, Rossella Casini, quando nel lontano 1977 conobbe uno studente fuori sede di economia, che abitava nella sua stessa palazzina, Francesco Frisina. E da un incontro, dalla loro conoscenza, nacque un sentimento che la legò a quel giovane proveniente da Palmi, dalla Calabria, per tutta la sua breve vita. Fino ad un certo punto, la loro storia poteva sembrare una come tante, in cui due giovani si conoscono in ambito studentesco, si piacciono e si fidanzano, con le rispettive famiglie che si frequentano, malgrado la distanza. Però, il 4 luglio del ’79 giunse a Firenze la notizia che Domenico, il padre di quello studente, fosse stato ammazzato. Poi, pochi mesi dopo, il 9 dicembre anche il giovane fidanzato fu gravemente ferito alla testa, in un agguato.
A questo punto, Rossella arrivò al primo bivio, quello di cosa fare, per il suo fidanzato e per se stessa. In molte avrebbero mollato tutto, trovandosi di fronte ad una situazione tanto pericolosa: scoprire d’essere legata ad un uomo di una famiglia mafiosa, durante una guerra tra cosche, è qualcosa di enormemente distante, da una realtà quale la vita di una studentessa che viva in Santa Croce, nella bella Firenze. Ma lei – primo atto di coraggio – non fuggì via da quella situazione e non lo lasciò: per preservarlo, lo fece trasferire ad un ospedale fiorentino e lo seguì nelle cure.
Poi, dovette scegliere come aiutarlo ad uscire da quella vita violenta e – altro atto coraggioso – durante la convalescenza Rossella, convinse il fidanzato a collaborare con le indagini, spezzando il muro di omertà che circondava le uccisioni di quella faida, che tanti lutti aveva causato. Ma a quel punto, la ragazza si trovò di fronte l’ostilità di tutta la famiglia del fidanzato: oltre a quanto emerso dalle intercettazioni (“…ci ha inguaiato tutti…” disse), Pino Mazzullo, il cognato di Francesco, lo raggiunse a Torino, dove si era rifugiato e lo convinse a ritrattare; ma poi, entrambi vennero arrestati.
A questo punto – terzo atto di coraggio – Rossella cercò a lungo di salvare il fidanzato, viaggiando spesso tra Firenze e Palmi per incontrare gli inquirenti, anche con maldestri tentativi di ritrattazione. A pochi giorni dal processo, per questo scese nuovamente a Palmi nel febbraio 1981. La sera del 22, come raccontò il padre durante le indagini, mentre stava per rientrare a Firenze, Rossella scomparve nel nulla. Da quel nulla riapparve nel ’94 nelle parole di Vincenzo Lo Vecchio, un pentito palermitano che, dopo essere evaso dal carcere, si era rifugiato presso la cosca dei Mazzullo-Frisina ed aveva partecipato alle vendette per l’uccisione di Domenico.
Aveva venticinque anni, Rossella, quando fu rapita, uccisa, fatta a pezzi e quando i resti del suo corpo furono fatti sparire in mare, presso la tonnara di Palmi, per volere della cosca della famiglia del fidanzato: quella straniera era stata ritenuta colpevole per le sue denunce e per aver convinto il suo uomo al tradimento. La madre morì per il dolore della scomparsa ed al padre, lo Stato negò anche di essere messo a conoscenza della fine della figlia, in modo dignitoso, poiché venne a saperlo leggendolo sui giornali.
Di tutta la vicenda, né il fidanzato (che alla fine era rientrato nei ranghi, della famiglia mafiosa), né lo Stato (che non aveva saputo proteggerla) si sono mostrati all’altezza dell’ultimo e più alto atto di coraggio, quella di chi muoia per chi non lo meriti. Delle colpe della sua morte, alla fine non restano che parole scritte in migliaia di pagine di atti giudiziari. Ma, affinché non si perda nel silenzio il coraggio di Rossella Casini, è giusto perpetuare la memoria della sua giovane vita, spezzata dalla violenza mafiosa, per avere scelto ed amato, al di là di ogni logica, di ogni paura.

di Mario Guido Faloci