Foliage, l’essenza della guarigione

“E noi, che la felicità la pensiamo in ascesa/ sentiremmo la commozione/ che quasi ci atterra sgomenti/ per una cosa felice che cade”. Sono versi di Rainer Maria Rilke. Talmente potenti da racchiudere tutto ciò che ci siamo detti (Claudio e Omero) ascendendo sul monte Giano. Il monte sopra Androdoco, conosciuto per la scritta Dux fatta nel ventennio con abeti e pini.

Siamo partiti dalla Madonna delle Grotte, sulla statale 17, il sentiero è riconoscibile. Un bosco fitto. Alberi e alberi. Faggi. Quercia. Aceri. Ontani. Meli selvatici, ciliegi e tantissimi cespi di rosa canina al massimo rosso delle sue bacche. Colori accesi. Dal giallo luminoso al rosso fuoco. Sfumature di ruggine. Emozioni e sensazioni che accelerano il respiro. Il sentiero e pietroso, ma le foglie, il colore delle foglie è meraviglioso. L’autunno caduco, dicono in molti, ma per noi è un inizio. La predisposizione all’innesco della gemmazione.

Monte Giano è imponente. Si guarda da lontano. Immobile nella sua immensità. Saliamo calpestando il “foliage” un francesismo che non ci appartiene, ci guardiamo sorridendo e pensiamo che è meglio “fogliame”. Forse dovremmo cambiare anche il titolo. Ma conveniamo che fa più tendenza il francesismo, così lasciamo “foliage”.

Ma è il fogliame, in autunno, che cadendo, disperdendosi in molti colori, esce in verità dall’anonimato delle monotone vesti estive. Si svestono, con eleganza, gradualmente, in cadenze gentili, o, a volte, all’improvviso, bruscamente strappate dal vento. In questo cambiamento, bruscò o gentile, ravvisiamo il comportamento umano. Prigioniero di variazioni atmosferiche, bizzarre, imprevedibili, che sono la nota saliente e capricciosa di questa stagione, che è anche la stagione perenne del nostro cuore. Il nostro cuore che ama in silenzio, ma ama con forza e resiste, come le foglie che non cedono al vento, aggrappate sui rami o aggrappate ai ricordi. Ricordi che ci preparano ad un rifiorire fatto di crescita quotidiana, multicolore, dal giallo luminoso al rosso fuoco. Si. Si. Noi siamo il “fogliame”. Noi, siamo l’essenza multicolore che si manifesta nel bosco e ci spinge ad andare avanti, amando la forza dei colori che ci spinge all’ascesa. Sono i cromatismi, le venatura, “nuance” molteplici, che rivendicano la nostra singolarità per aiutarci a riappropriarci di quei sentimenti naturali che ci fanno battere il cuore. Così il “fogliame” ci rammenta della nostra fragilità, accentuata da pallori tenui o risplendenti, quasi urlando in silenzio, ciò che l’amore ci sussurra, quando si sveste della sua essenza per tramutarsi, con magia, nella nostra essenza. L’essenza della guarigione che ci accompagna in questa traversata fantastica, su un sentiero incantato dove ravvisiamo, tra le foglie rosse degli aceri, tracce di folletti o elfi. Ne percepiamo l’odore, di sottobosco, resina e erbe di montagna.

Arriviamo alla chiesetta degli alpini, a quota 1340 m s.l.m, monte Giano è ancora lontano, ma il profumo è molto più intenso. Entra nelle nostre narici, fin nei polmoni, in circolo con il sangue, dal cuore fino al cervello. Una sensazione forte. Potente. Di trasformazione. Un po’ come il “fogliame” nel compito ancestrale e perenne di inumidire e rivestire la terra. Così noi, nel compito perenne di amare, proteggere e sussultare ad ogni folata di vento, per ascendere e nel contempo rinascere. Sentirsi pronti alla gemmazione per il futuro di ogni seme.

Superiamo la chiesetta, ci sentiamo diversi. Qualcosa è accaduto dentro di noi. Non sappiamo cosa, ma sentiamo che siamo diversi. Ben oltre il sopraggiungere delle nuove gemme. Percepiamo il passaggio delle consegne tra il passato e il presente degli alberi che verranno, delle persone che verranno, di noi stessi, a seconda della specie, dell’età, della temperatura imprevedibile, dei cambiamenti climatici, della siccità o piovosità. Noi siamo il passaggio delle consegne, gli elfi di una nuova vita, il fogliame di un nuovo mondo fatto solo di amore.

Il “fogliame”, spentisi i suoi bagliori, allo scemare della sua breve esibizione più clamorosa, prosegue in forme più tacita, umili e discrete. Come noi, si prolunga, nella indifferenza dei più (che continuano ad avvelenare il pianeta, ad uccidere i fratelli e violentare le sorelle) attraversando l’inferno e poi il nuovo anno. Allora, si assumono nuovi significati, senza mai abbandonare l’essenza della guarigione, fatta di amore puro “per la femmina mia” che è la donna – madre del mondo, che protegge con la vita la vita che ha generato, che è amore.

Orami siamo in vetta. C’è vento forte. Siamo sudati e accaldati. Facciamo il selfie di rito vicino alla croce posta sulla sommità, poi cerchiamo un riparo. Ci cambiamo le maglie fradice guardando le valli circostanti. La natura è amore. L’amore che senti. L’amore che ti fa essere diverso, ti fa rispettare sorella acqua e ringraziare fratello sole. Prendiamo i termos, caffè, tè, cioccolato, frutta secca. Abbiamo anche due mandarini è un grappolo di uva spina. Quanto amore in questa sosta d’altura. Poi il miracolo della guarigione. Prendiamo il cellulare per inviare alcuni messaggi alla famiglia e…

E…riusciamo a leggere e scrivere senza usare gli occhiali. Senza allungare il braccio ad una metro dagli occhi. Non ci sembra possibile. Leggiamo i messaggi. Inviamo messaggi. Senza uso degli occhiali. Qui, sul monte Giano ci è tornata la vista. Ci guardiamo, ci battiamo il cinque. Ci abbracciamo. Abbiamo compreso che l’amore, l’essenza dell’amore è una medicina meravigliosa, ti cura il corpo ma più di tutto ti cura il cuore, ti rende felice. La felicità che cade per rinascere ed essere pronti ad una nuova vita fatta di accoglienza, dono e solidarietà.

“Fogliame” essenza divina di guarigione e amore che si ripete ogni anno, ogni giorno, ogni momento, siamo noi a dover essere pronti per cogliere questi momenti magici e incantati, fatti di colori dal giallo luminoso al rosso fuoco.

di Omero Di Marco e Claudio Caldarelli

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