Fedez a Belve

Perché odiamo Fedez? 

Perché Fedez ha potuto costruirsi un impero fondandolo (non solo ma anche) sulla bile che suscita a milioni di italiani? 

Forse perché Fedez ha il raro pregio della trasparenza, ed avendo fatto della sincerità estrema (spudoratezza?) il suo business principale, non sopportiamo la naturalezza con cui continua a sbatterci in faccia lati che magari anche noi abbiamo, senza avere però il coraggio di riconoscerli come nostri né tantomeno il talento per monetizzarli. 

Jung ha descritto mirabilmente questa dinamica in scritti fondamentali per la Psicoanalisi come L’io e l’inconscio, Tipi psicologici, Simboli della trasformazione, chiamandola “proiezione dell’ombra”. 

Secondo Jung il nostro io cosciente si difende dalle più scomode e indigeste delle nostre verità ricacciandole nell’inconscio, dove esse, stratificandosi, finiscono per dar vita alla personalità ombra della nostra coscienza diurna, composta da tutti quei contenuti psichici che rigidamente scansiamo dalla nostra idea di noi stessi e che pure ci appartengono, fanno parte di noi, del nostro sé.

Forse Fedez ha il pregio di lasciar trasparire con autenticità le sue parti ombra e così facendo diventa un facile catalizzatore per le proiezioni delle nostre. 

Forse vediamo in lui tutto ciò che ci fa schifo di noi, vediamo che lui l’ha accettato, lo ha reso un punto di forza, e che poi ha trionfato al gioco che tutti ci diciamo di detestare ma al quale tutti segretamente bramiamo di eccellere: quell’unico e solo gioco che conta davvero, alla corte dell’unico vero dio che muove e governa i cuori ed i destini di tutti quanti noi: il gioco dei soldi, della fama, della popolarità, del successo: il gioco di riuscire a monetizzare qualsiasi cosa fino a costruire su sé stessi e sui propri lati più intimi, segreti, scabrosi, un impero multimilionario. 

Due accorgimenti mi rendo conto che a questo punto del mio discorso sono importanti da precisare: È molto presuntuoso usare il “noi” nel modo in cui sono partito con questo scritto. Posso forse rimediare parzialmente specificando la fondamentale presenza, all’inizio del paragrafo precedente, di quella parolina – forse – che vuole marcare la natura ipotetica di quanto vado proponendo. 

Secondo accorgimento: si è soliti ascoltare da varie fonti discorsi pro o molto più comunemente contro Federico Leonardo Lucia. Si è soliti, nel nostro tempo, schierarsi, polarizzare, tifare, essere “fan” – terrificante diminutivo della parola “fanatico” – oppure “haters”, intrappolati in questa dicotomia asfissiante, sterile, mortificante con la quale leggiamo e interpretiamo tutto: dalle coppie di vip che scoppiano fino al rischio di guerra mondiale che incombe.

No, io non vorrei schierarmi, vorrei tentare di smarcarmi dalla tacita imposizione a prendere per forza le parti di una delle due fazioni, in questa tenaglia che oscilla tra “fanatismo” o odio, che in comune hanno fondamentalmente una cosa sola: quella di essere atteggiamenti unilaterali, violenti, ciechi, a prescindere dal polo cui si scelga di appartenere.

Di fondo restiamo religiosi e fondamentalisti come in passato, solo che al posto di Dio adesso adoriamo il nostro io, e tutti i sempre più scadenti contenuti dietro i quali ci arrocchiamo una polarizzazione dopo l’altra spesso non nascondono nient’altro che la mera brama di affermarlo.

Vorrei parimenti evitare, in questo scritto, qualsiasi attacco o giudizio nei confronti di Fedez. Vorrei anzi, a scanso di equivoci, dichiarare una certa stima di fondo che nutro nei suoi confronti da qualche tempo. 

Molte cose del personaggio non le condivido, ma questo non mi impedisce di guardare alla sua figura con una certa simpatia e un certo rispetto. 

I motivi di questa stima sono molteplici, ma evito di soffermarmici troppo, non è infatti questo il punto. Il punto di questo scritto, cioè, non è un giudizio positivo o negativo su Fedez da parte mia, non è rilevante, ai fini del mio discorso, esplicitarvi completamente quello che sente la mia pancia. Dovremmo, forse, affrancarci dal domino delle nostre pance. 

Il mio intento nello scrivere questo post è quello di condividere una teoria personale, la teoria è questa: Federico Leonardo Lucia ha reso il fatto di incarnare come pochi i lati più caratteristici e spigolosi del nostro tempo un suo punto di forza, ha “pornografato” – parole sue – la sua vita sotto tutti gli aspetti e il suo successo enorme ha cozzato coi lati d’ombra irrisolti di milioni di italiani – magari pure i miei – i quali hanno scoperto che se scotomizzano, rimuovono da sé, proiettano su di lui e uccidono in Federico Lucia Fedez l’ombra delle persone che non vorrebbero mai ammettere di essere ma che in fondo al loro cuore sanno di albergare, allora si sentiranno un pochino più puliti, in pace con la propria coscienza, dalla parte giusta, sani, coerenti, realizzati, migliori. 

“Se lui ha costruito un impero valorizzando la sua insicurezza, la sua ansia, la sua fragilità, il suo senso di inadeguatezza, poco talento e tanta faccia come il culo, perché non ho sputo farlo io? Perché non ci sono riuscito io e me ne sto qui, nelle retrovie, a dover comunque tirare a campare mentre lui si gode un successo clamoroso, frutto paradossale (anche) dei click e dell’odio di persone come me? Non sono anche io unico? Irripetibile? Meraviglioso? Interessante? Perché nessuno si è accorto di me?” Potrebbe essere la vocina del motore della bile dentro qualche italico fegato …

Alcune linee fondamentali del personaggio Fedez emerse dall’intervista a Belve potrebbero essere le seguenti: Fedez come nessuno ha saputo comprendere l’amara verità del nostro tempo post-ideologico e nichilista: l’unico vero Dio che conta, che sposta, che “fa mondo”, sono i soldi. L’unica Legge che ha tenuto botta è quella di Tony Montana: “prima devi fare la grana, quando hai la grana allora hai il potere, e quando hai il potere allora hai pure le donne e tutto quello che vuoi”. Fedez ha cioè forse solo la “colpa” di aver capito questo assunto fondante del nostro tempo meglio e prima di altri, e di aver saputo fare meglio di altri l’unica cosa che sembra avere senso fare: vendersi tutto, “brandizzare”, rendere sé stessi un brand, rendere ogni aspetto della propria vita privata, relazionale, familiare, lavorativa, un contenuto spendibile per fare denaro. 

Questa magari per molti è la nuova libertà. Secondo interessanti autori contemporanei come Byung-chul Han si tratterebbe della nuova schiavitù. 

Forse io odio Fedez semplicemente perché a nessuno fregherebbe un cazzo se mi mettessi a raccontare delle toppe che prendo con le donne o degli altri cazzi miei, mentre lui ha semplicemente saputo vincere al gioco nel quale io non riesco neanche ad ammettere a me stesso di arrancare in zona retrocessione. 

Il Cielo è vuoto, non c’è più alcun Dio, il gioco che disegna per noi la cultura dominante nel nostro tempo in occidente è l’assolutizzazione dell’ego isolato che gode, la spettacolarizzazione di ogni aspetto del privato per ottenere quell’attenzione, quei click, quelle views che ti aprono la porta alla Legge, alle Tavole della Legge di Tony Montana: il mondo è tuo se sei abbastanza forte per prenderti tutto quanto.

Magari io odio Fedez non tanto perché mi ha stracciato al Gioco ma perché lo detesto nel suo svelarmi quella mia segreta brama di volerlo dominare anch’io senza però esserne capace.

Tutto era esposto tutto era proficuo, dove finiva l’amore e iniziava l’azienda? Ha chiesto a Fedez la brava e bella giornalista Francesca Fagnani. 

Se il nostro è veramente il tempo del nichilismo, e cioè dove tutti gli enti e le persone sono ridotte al nulla, dove non c’è alcun dio né in cielo, né qui in terra o sottoterra, se l’amore è veramente niente altro che un’illusione che poeticizza pulsioni a tempo determinato nate con la data di scadenza già scritta sull’etichetta, allora non vi pare che Fedez abbia trionfato e che forse, più che lui, è il Gioco che anche noi giochiamo che segretamente detestiamo? 

Il sesso ci ha molto legato ha detto Federico del suo matrimonio con la nota influencer Chiara Ferragni.

Poi abbiamo avuto tre anni duri e non abbiamo retto

Non è questo uno spaccato formidabile di tutti noi? Della modalità regina con cui costruiamo legami affettivi in Occidente? 

Legami fondati su cosa? Sugli ormoni a tremila, su attrazioni feroci, tanto forti che – per dirla con Erich Fromm – “non fanno che rivelare quanto siamo soli mentre noi ci illudiamo indichino che siamo innamorati”

Sento che il nostro tempo ha totalmente obliato il volto autentico dell’amore. 

Quell’amore il cui unico esempio che io possa avere sono i miei nonni, testimoni di quel sentimento fondato non sulla forza di un’attrazione ma sulla scelta consapevole di amarsi l’un l’altro per sempre, a prescindere da qualsiasi cosa possa accadere. Quanto era possente quella vecchia formula: prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia …

Non l’abbiamo quasi del tutto dimenticato, in occidente,
tutto questo?

Forse io odio Fedez perché mi sbatte in faccia la stessa dinamica che vivo io, che viviamo in tanti nel nostro tempo, e l’unica sua “colpa”, il suo “peccato originale”, è di averla vissuta sotto la luce di riflettori accecanti. 

Spero si comprenda come il mio non sia un attacco alla figura di Federico Lucia, ma più che altro un tentativo, osservandolo, di indagare il nostro tempo, il nostro oggi di italiani contemporanei del quale lui, lo vogliamo o no, è uno dei massimi rappresentanti dal punto di vista della cultura popolare. 

Io stimo Fedez, Federico Leonardo Lucia. È una persona che ha avuto talento, si è costruito una carriera dal garage di casa sua. Si è speso per delle battaglie che riteneva giuste, ha sofferto, anche molto, è più piccolo di me ed ha già avuto due figli ed un cancro, ha cercato una Via se non di salvezza almeno di onesto alleviamento di tanto dolore fisico, psichico, magari anche spirituale. 

Ha tentato, tenta di stare meglio con la psicoterapia, con la psichiatria, con lo zen, con la meditazione e, a modo suo, testimonia a milioni di giovani questo tipo di cura della persona, attraverso la sua esperienza. 

Si spende, si è speso nel sociale, magari in modo non perfetto, magari discutibile, magari narcisista, però l’ha fatto, in diverse occasioni. 

Magari odio Federico Lucia perché lui è sugli schermi di tutta Italia con la puntata di Belve appena uscita, mentre a me, che sono così presuntuoso dall’essere certo di essere migliore di lui, continua a sbattere in faccia la crudezza della verità della poca dozzina di umani che poseranno gli occhi su questo post, e questo non potrà che, inevitabilmente, farmi bruciare nelle vene dell’anima la domanda spietata: se lui è arrivato dove sta con quel poco talento che ha, tu cosa sei riuscito a fare coi tuoi doni? Magari è solo invidia, magari è tutto qua. Magari invece di prendermela con lui dovrei solo illuminare la mia ombra.

Giacomo Fagiolini

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