Io e il Sig. Gaber e La farmacia potrebbe anche non esserci…

Ascoltare il teatro canzone di Giorgio Gaber, oggi, in un qualsiasi momento del 2024, rischia di trasformarsi per alcuni in una esperienza al limite del doloroso.

L’ironia con la quale Gaber ha sempre mascherato l’amarezza e che tanto, a volte impropriamente altre superficialmente, ci ha trasmesso allegria, oggi appare come una spiacevole predizione della realtà politica e sociale che viviamo.

Siamo costretti infatti, ai nostri giorni, ad assistere a quello che è stato il reale crollo del muro di Berlino, intendendo con, muro di Berlino, i valori, l’impegno civile, la dedizione alla politica, particolari e caratteristiche che allo stato odierno sembrano lontani secoli e millenni.

Ed è così che il 5 maggio scorso, nei suggestivi spazi della biblioteca “ex falegnameria” dell’associazione Arte Libera-Mente a Gavignano, lo spettacolo “Io e il Sig. Gaber” monologhi e canzoni di Giorgio Gaber e Luca Maciacchini, realizza una immaginifica altalena tra i pezzi dell’uno con le canzoni dell’altro, in una continuità disarmante.

Un’ora e venti di parole e concetti attraverso i quali, in alcuni momenti, si perde la capacità di riconoscere la paternità del pezzo, tanta è la modernità dei testi di Gaber e tanta è la bravura di Maciacchini nel raccogliere un testimone ideale.

Si parte con Torpedo Blu, da molti conosciuta e riconosciuta come una canzonetta orecchiabile ma che in realtà nasconde il significato dell’apparire come soluzione dei propri desideri, per passare a La strana famiglia, e ancora Destra e Sinistra, una amarissima fotografia dei luoghi comuni e degli stereotipi ormai attribuibili indifferentemente ai due poli contrapposti e ancora tanti altri pezzi del Sig. G nazionale che si alternano con i pezzi dell’ultimo disco di Luca Maciacchini “La farmacia potrebbe anche non esserci”. 

Canzoni, di Luca Maciacchini, nelle quali si spazia da una anarchica dichiarazione “o noi cambiamo le leggi o le leggi cambiano noi” di “Carta Cambia” al sarcasmo nei confronti dell’attuale superficialità e approssimazione usate per il raggiungimento di qualsiasi scopo in “Il titolista”, il tutto accompagnato da una splendida chitarra.

In mezzo, tanta altra materia ancora per ragionare, riflettere e, se si ha una coscienza, amareggiarsi.

Lucia Salfa