Sulla scala dell’infanzia (ai miei nonni)
Stanca. Siedo sulla scala dell’infanzia e mi metto in ascolto.
Dietro quelle parole, quei profumi, quei sapori, quegli odori di famiglia e campagna, di nonni ed abbracci si apre il mondo.
Il passato mi investe a raffiche di ricordi.
Così mi vedo in quegli spazi, il loro respiro lento, l’umiltà della fatica, il sudore sulla fronte, il sorriso sulle labbra. E dentro gli occhi il mio amore.
Occhi lucidi sulle scale a farmi piccola per assorbire in loro la vita stessa.
Come ti parlano certi momenti!
Pensati chiusi in una scatola di latta e d’improvviso esplosi in quell’incoscienza che schiuma emozioni agli occhi.
Un ricordo, un profumo, un pensiero.
Fotogrammi che si srotolano a rivedere il film della tua vita, dei primi passi in un mondo ovattato fatto di amore semplice ma vero come il pane fatto in casa.
Siedo sulla scala dell’infanzia e mi metto in ascolto delle loro voci, quelle dei miei nonni, il loro chiamarmi, il loro cercarmi, il loro modo di spiegarmi il mondo e l’onestà nel silenzio.
Dove sono fuggiti quei gesti?
Erano da sempre dentro di me mentre adesso spolvero un disco in vinile che mi ruba altre emozioni.
E così mi perdo nell’istante esatto in cui mi ritrovo.
E quel loro modo di essere, autentici, semplici, pieni di amore, giusti, quel loro conoscere il valore delle cose, l’importanza dei sentimenti, delle parole misurate e del rispetto per tutti… sono state per me lezione di vita.
E quel loro modo di essere scorreva veloce fino ad attraversarmi nel profondo, facendomi afferrare il senso di tutto, lasciando cadere le paure, come chiodi appuntiti su un pavimento antico. Non lo sapevo allora, lo appresi dopo.
In loro vivo ancora amore e protezione.
Quando siedo sulle scale dell’infanzia capisco che tutto è da assaporare, vivere nelle pieghe dei contrasti, da sentire, come corde che vibrano sotto le dita e dentro l’anima, in quel canto silenzioso della natura, in quel nulla povero che ti restituisce la grandezza di un niente al confine del tutto. Forse la vita è un po’ come un carro di fieno sulla strada verso un tramonto d’inverno. Due stagioni diverse che si accostano in controluce.
Chiudo la scatola di latta, macchie di emozioni sui palmi delle mani.
E un cuore rasserenato dalla ricchezza che ho avuto. E che ho.
Siedo sulla scala dell’infanzia e mi metto in ascolto di me stessa.
E lo scrivo perché tutto questo sia un po’ parte di chi passa, legge e va.
11/02/2022 – Stefania Lastoria