Sette croci per sette Cristi

Sette croci per sette Cristi. Appesi. Senza chiodi sulle mani o sui piedi. Sette croci per sette Cristi. Appesi senza corona di spine. Appesi innocenti dalla mano del profitto e della avidità. Appesi, tre subito, gli altri quattro a distanza di giorni. I loro corpi smembrati, non potevano essere appesi, ma l’avidità ha una soluzione per tutto: ha appeso lembi di carne sanguinolenta, pezzi di calzoni, strappi di camicia bruciata e cenere, tanta cenere. 

Ora le sette croci sono piene. I sette Cristi sono appesi, senza le Maddalene ai loro piedi. Senza sudario. Senza sepolcro. Senza possibilità di resurrezione.

Sono li, sotto gli occhi di tutti, di tutta questa Italia fascista. Ma quando l’Italia era democratica, un anno fa, le croci per appendere i Cristi c’erano. Ce n’erano altrettante, si, perché il profitto e l’avidità operano in modo trasversale dentro i partiti. E, nessun partito, fino ad oggi, dagli ultimi trenta anni, ha fermato o vuole fermare queste violente crocifissioni di operaie e operai.

Si, perché dovete sapere, ma lo sapete già, che i Cristi sul quelle croci, di mestiere fanno le operaie o gli operai. Sulla croce non c’è mai salito un manager, o un direttore di banca, o un magnate petrolifero o dell’industria. Su quelle croci, i Cristi appesi sono povera gente, figlie e figli di povera gente. Non hanno uno Yacht ancorato in darsena nei porti rinomati, o una Ferrari in garage, o un conto in banca a sei zeri. No. I Cristi su quelle croci non arrivano a fine mese. Hanno rate e mutuo da pagare. Non vanno in vacanza e forse neanche a mangiare una pizza. 

Ora, di quei Cristi sulle croci rimane una fibbia della cinta, una scarpa bruciata, un braccio tranciato, una gamba carbonizzata, un pezzo di tuta, un orologio con il vetro del quadrante rotto e fermo all’ora della esplosione. Rimane una foto bruciacchiata, con il ritratto di suo figlio di tre mesi,  nelle tasche di Vincenzo Franchina, di 36 anni, sposato da un anno. Rimane su quella croce il grido di dolore della sua giovane moglie e il vagito di suo figlio che non ha avuto il tempo di chiamarlo papà.

Su quelle croci c’è anche Mario Pisani di 73 anni, che ancora lavorava invece di godersi la pensione. Forse la pensione non bastava. Forse. Forse. Intanto è sulla croce. Insieme a lui, sulla croce vicina, Pavel Petronel Tanase di 45 anni, originario della Romania. Lascia ai piedi della croce una moglie e due gemelli adolescenti.

Cristo in croce anche Alessandro D’Andrea di 37 anni, con tanta voglia di vivere e sorridere. Forse sorriderà in Paradiso, se esiste, forse. Forse avrebbe voluto non salirci su quella croce. Forse. Forse… Ma riempire sette croci, per la signora Avidità e il signor Profitto,  non è stato facile, ci sono voluti giorni, così quando hanno issato Adriano Scandellari, di 57 anni, volevano quasi non dirlo che era stato insignito della stella al merito del Quirinale dal Presidente Mattarella. Forse avrebbe preferito vivere, forse avrebbe barattato quella stella con qualche altro anno di vita. Forse. Forse. Ma c’erano ancora due croci sul Calvario, e, i signori del profitto e della avidità hanno continuato ad operare per non lasciare croci vuote, così ci hanno issato anche i resti di Paolo Casiraghi di 59 anni, che sognava una misera pensione…che non avrà mai. Ma i suoi resti sono lì, con gli altri, in bella mostra, forse con un funerale di Stato. All’appello ne mancava uno. È stata dura, ma alla fine ce l’hanno fatta. Hanno estratto anche Vincenzo Garzillo, di 68 anni. Era in pensione. Forse una misera pensione. Forse. Forse non pensava che Avidità e Profitto lo avrebbero sacrificato. Non è stato così. Lo hanno sacrificato, sul loro altare, per avere una barca in più, una Ferrari in più, un qualcosa di più di inutile,che per loro, Avidità e Profitto, vale di più della vita umana e della sofferenza umana. 

Sette croci per sette Cristi, tra il pianto delle madri, delle spose, dei figli, dei padri, delle sorelle. Sette croci che nel dolore decuplicano e diventano centinaia di croci, ogni giorno, per tutti i giorni di questo maledetto calendario stilato dal Profitto e dalla Avidità.

Claudio Caldarelli – Eligio Scatolini

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