Beat Generation (fame di missione)
Questa fase della mia vita sarà segnata indelebilmente dall’esperienza indiana.
Questa è la fase dell’India per me.
Come tutto quello che mi è capitato in questi miei 35 anni, ancora una volta, non avrei mai immaginato di ritrovarmi qui.
Io non avrei mai pensato fosse possibile, dopo come ero stato negli ultimi anni, prendere due aerei e venire qui, ma ora proprio tutto ciò che la vita mia ha tolto mi ritorna indietro come un’onda di gioia incontenibile, che un pochino, in modo grezzo e imperfetto, mi fa sfiorare quello stato dell’essere che qui in India chiamano Ananda, che i greci chiamavano Makaria, e i latini, e quindi noi, Beatitudo.
È lo stato che, per tutta la vita, cercò un grande maestro come Kerouac, che scrive di essere partito per i suoi viaggi per cercare Salvezza, e che non faceva che ripetere a giornalisti che lo idolatravano senza minimamente comprenderlo di non cercare altro che non fosse la misericordia di Dio. Nessun popolo umano è stato attratto ed ha spinto moltitudini di persone verso il Santuario del Cuore come il popolo indiano, quel luogo dell’Intimo umano dove si manifesta l’Intuizione fondamentale che tutta la Realtà, che il Divino, l’Umano e il Cosmico si dispiegano a partire da una profondissima originaria Unità.
Brahman, il Divino, Atman, il Sé profondo, il Purusa, la Persona umana e la creazione cosmica, scaturiscono, in Origine, da una primigenia Parola nata per amore dalle profondità ultime di una irriducibile Unità.
I Rishi, i poeti che hanno scritto i Veda, non hanno firmato i loro canti con i loro nomi, perché erano certi di ricevere quanto cantavano da una Fonte che non c’entrava nulla con la loro soggettività separata.
“Scendi Giù, giù nel Santuario del Cuore”
Scrive Ramana Maharshi
“E lì abbi il coraggio di morire
e morirai sulle mani dell’Unico Signore
che ti partorirà a una nuova vita
rendendoti davvero ciò che sei”.
A 35 anni mi ritrovo in India, una nuova fase inizia per me, e sarà profondamente ed indelebilmente segnata da questo richiamo di fondo che l’India da millenni fa a tutti noi.
Atmanan Viddi, Conosci Te stesso e conoscerai te stesso e Dio.
Io, però, quando sono venuto credevo che tutto si sarebbe fermato qui: scendi nel cuore, conosciti, ed incontra Dio, ma invece, ancora una volta nella mia vita, Italia Solidale mi spiazza, sorprende, confonde, aiutata dall’India stessa, e mi spinge a costatare proprio dalla stessa realtà la chiamata inesorabile e ineludibile della missione, fortissima sia nella mia vita che per la realtà stessa dell’India.
Se è vero, infatti, che l’India è tutta la meraviglia che ci siamo detti ed anche molto di più, è anche vero che per milioni di persone è un inferno sulla terra.
Un inferno dove, per esempio, per evitare di rovinarsi con l’obbligo della dote matrimoniale, famiglie poverissime strozzano le bambine neonate con un pugnetto di riso nella gola, perché un giorno si sposeranno e dovranno pagare una dote che manderebbe la famiglia in rovina.
Un inferno dove da almeno 5000 anni un sistema millenario perpetra un’ingiustizia sociale micidiale e letale, che il moderno capitalismo non ha fatto che ampliare e potenziare.
Anche la gloriosa e meravigliosa religione indiana, giustamente ammirata e ricercata in tutto il mondo, può essere letta come un enorme costruzione carceraria da cui si può evadere trascendendo il mondo, il Samsara, attraverso la Moksa, la liberazione.
Dal mondo, cioè, ci si libera, ci si salva, ma non si redime, non si trasforma, non si cambia.
La realtà rimane meravigliosa e terribile per sempre come la Dea Khali: madre che nutre ma anche assassina universale con al collo i teschi delle sue creature.
È proprio qui che, paradossalmente, proprio l’India mi spinge oltre il Centro del cuore, mi spinge ad uscire, a uscire dalla grotta interiore, e a valutare la grande necessità di incarnazione nel mondo per conoscerlo, incontrarlo, cambiarlo in meglio, trasformarlo.
Si impone in me, da questi giorni indiani, l’eminente importanza della “missione”.
Una missione non più religiosa, non più proselitista, ma umile, rispettosa delle differenze, capace di entrare nel concreto della realtà per illuminarla e trasfigurarla.
Mi colpisce sempre più che nel Logo di Italia Solidale il momento della grotta interiore, dell’incontro con Dio nel cuore c’è, ma è una fase transitoria, che libera e apre ad un movimento verso il mondo.
Ama e vedrai la Trinità, dice Agostino.
Ama e l’amore ti salverà, dice p. Benolli, intimamente pervaso dal Vescovo d’Ippona.
L’Amore, diceva Pascal, è l’unica Via verso Dio e verso la Pace.
Per questo, sul letto di morte, egli non pensava ai suoi Pensieri incompiuti ma ai poveri che aiutava nelle bettole marcescenti della periferia parigina.
Giacomo Fagiolini