La locura

“Renato, svegliati, serve un qualche cazzo di futuro: io parlo della locura, la pazzia, la cerveza, la tradizione, o merda, come la chiami tu, ma con una bella spruzzata di pazzia: il peggior conservatorismo che però si tinge di simpatia, di colore, di paillettes. Questa è l’Italia del futuro: un Paese di musichette, mentre fuori c’è la morte. È la locura René, è la cazzo di locura. Se l’acchiappi hai vinto.

Correva lanno 2010, terza stagione di Boris. Valerio Aprea nei panni dello Sceneggiatore 1, pronuncia queste parole a René Ferretti, il regista della serie trash Occhi del Cuore.

È la locura René, è la cazzo di locura.

Ma cos’è questa locura?

Locura, tradotto dallo spagnolo, vuol dire follia.

Ma allora a cosa si riferisce Valerio Aprea quando parla di follia? Come può essere utile la follia in una serie televisiva per famiglie?

In questo caso la locura è lassurdo, è limpensabile, è il contraddittorio.

Mentre fuori c’è la morte, ci preoccupiamo delle musichette. Ed è proprio qui che entra in gioco la locura. Di fronte al più grande dei problemi, lunica arma che sentiamo il bisogno di impugnare per difenderci, è la più misera distrazione. Nel caso specifico di Boris, si tratta di una televisione priva di significati, condizionata dalla politica e come direbbe René: piena di merda, ma nel nostro caso, la situazione è assai più grave, perché tutto ciò che ci circonda è condito dalla locura: musica, cinema, lettura.

In un mondo dove al momento si sta perpetrando un genocidio, dove la Rai è stata impugnata dal governo per usarla a proprio piacimento, fa più scalpore la separazione di due influencer.

In un Paese dove le sue più alte cariche, si rifiutano di definirsi antifascisti, arrampicandosi in maniera vergognosa sugli specchi per non incappare nellerrore di levare la maschera che indossano, si continua a ritenere accettabile una situazione del genere.

Non ho bisogno che una persona come Salvini si dichiari antifascita, sarebbe una presa in giro.

Non crederei alle parole di La Russa, se si definisse antifascista, perché anche se continua a sostenere che il fascismo è roba vecchia, che ormai non esiste più, il busto di Mussolini che custodisce orgogliosamente in casa, parla per lui.

Non voglio che la Meloni si proclami antifascista, perché le cose dette e fatte, le posizioni prese, non si cancellano con unaffermazione.

Antifascisti lo si è, perché si è studiata la storia e si è compresa.

Antifascisti si è perché il 25 aprile è un giorno di festa, di comunione.

Antifascisti si è perché non si crede nellingiustizia, ma nellonestà verso il prossimo.

Antifascisti si è perché la fratellanza tra gli uomini di tutto il mondo è più forte dei confini tracciati sulle mappe.

Essere antifascisti ci è stato anche insegnato, ma nonostante mi sia stata insegnata la matematica, quella non lho mai compresa: lantifascismo si, lho compreso e lho fatto mio.

Alla vigilia del 25 aprile, è vergognoso sapere della censura del monologo di Antonio Scurati, ma penso che ci sfugga un importantissimo particolare: questa è la fine della locura.

Perché fino a un certo punto possono cercare di distrarre le persone, di depistarle da ciò che le circonda, ma nel momento in cui avviene un fatto come quello della censura, vuol dire che le persone non stanno dormendo, ma parlano e si ribellano.

Sì, lignoranza dilaga e la disinformazione è alla base di ogni confronto, ma quello che è accaduto, deve essere visto come una scintilla di speranza.

Non bastano più le musichette, adesso ci devono far tacere.

Usiamo le nostre di musichette; questo 25 aprile facciamo suonare dagli stereo Gaber, Guccini, De André. Facciamo arrivare nelle piazze le parole di pace e unione di Fausto Amodei.

Di fronte alla censura, facciamo in modo che le nostri voci siano talmente forti e unite, che sarà impossibile nasconderle.

Non rendiamo vano il sacrificio di chi ha preso parte alla Resistenza, perché anche questa lo è.

Ascoltiamo gli insegnamenti dei saggi, Augias, Canfora.

Sosteniamo chi lotta per la vita, in Palestina.

Non lasciamo questo Paese a chi odia, a chi mette a tacere, a chi il 25 aprile non festeggia.

Prendiamo parte ancora una volta alla lotta per la libertà. Ma armiamoci di parole, di libri, di insegnamenti.

Facciamo in modo che non si sentano più musichette.

Luca Baldi

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