Michelle, fulminata nel campo rom, aveva 7 anni

Michelle è morta fulminata da un cavo elettrico, in una pozza di fango e liquami, nel campo di fortuna, tra baracche di cartone e immondizia, alle porte di Giugliano. L’inferno di via Carrafiello. L’insediamento rom abusivo dove erano costretti a vivere, scacciati ogni volta in luoghi inospitali e invivibili. Michelle aveva sette anni. È morta fulminata dentro una pozzanghera. Aveva i piedi nudi, come tutti i bambini di quell’insediamento. È morta scalza. È morta sola. Non aveva ancora imparato a sorridere. Non poteva sorridere in quell’inferno senza acqua né luce. Al freddo, nel fango e nei liquami delle fogne a cielo aperto. Tra i rifiuti di una terra che li ha sempre e continuamente scacciati. 

Michelle, quella mattina doveva andare a scuola. Era il primo giorno. Forse era felice di quel suo primo giorno. Forse avrebbe imparato a sorridere. Forse. È morta prima. Prima del primo giorno di scuola. Prima di prendere lo zainetto che le avevano regalato i volontari della parrocchia. Aveva solo 7 anni Michelle. Un cavo elettrico scoperto l’ha fulminata mentre scalza attraversava una pozzanghera di acqua e fango. Era infreddolita Michelle. Le dita dei piedi gelate, le dita delle mani gelate, ma correva quasi felice, era il primo giorno di scuola per lei. I volontari erano riusciti, in accordo con la scuola, ad accoglierla.

Correva nel fango del campo rom improvvisato di Giugliano, l’inferno di via Carrafiello, 400 persone ammucchiate in baracche di cartone e stracci, senza servizi. Abbandonati e dimenticati. Nessuno andava in quella terra di nessuno. Solo don Francesco e i suoi volontari. Soli. Dimenticati. Vivevano come potevano. In quell’inferno ci sono 200 bambini. Michelle era una di loro. Ora non c’è più. È morta scalza, con il piedi freddi, le mani gelate, le guance rosse, i capelli arruffati e i vestiti sporchi di fango. Aveva 7 anni e non aveva ancora imparato a sorridere. In quel campo non c’era nulla per cui sorridere. Voleva andare a scuola. Vedeva da lontano le altre bambine con il grembiulino e lo zainetto. Le invidiava. Voleva essere una di loro. Le guardava, pensava che avrebbe voluto indossare quel grembiule. C’era quasi riuscita. Quella mattina doveva essere il suo primo giorno di scuola. Correva scalza, nel fango, a ritirare il grembiule e lo zainetto. Michelle era quasi felice. Pensava che avrebbe imparato a leggere. Pensava che avrebbe imparato a scrivere. Pensava che avrebbe imparato a sorridere. Correva con i piedi freddi, bagnati, nel fango. Poi d’improvviso la scossa elettrica, dentro una pozzanghera, un cavo scoperto. Michelle cade. Il respiro si ferma. Il cuore smette di battere. Cade dentro la pozzanghera di acqua e fango. Non si muove. I capelli arruffati nella melma. Le mani fredde ancora più fredde. I piedi scalzi, dopo un tremore, immobili. Michelle senza vita giace in quella pozza. Al freddo della emarginazione con il freddo nel cuore. Non aveva ancora imparato a sorridere. Aveva solo 7 anni ed ora giace dentro una pozzanghera di fango. Sola. Senza nessuno ad accarezzargli i capelli arruffati e sporchi. Michelle giace sola, al freddo nel fango, sola, senza nessuno che gli tenga la mano per accompagnarla in quel primo giorno di scuola. 

Sola. Michelle muore folgorata aveva 7 anni, non aveva imparato a sorridere e sognava di indossare il grembiulino e lo zainetto. È morta scalza, con le mani fredde ed i capelli arruffati guardando il cielo plumbeo, sognando di sorridere con lo zainetto sulle spalle.

Claudio Caldarelli

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