Tennis è una relazione-smash sotto rete

A fine marzo ho introdotto al Cinema Farnese di Roma la ripresentazione del documentario del 2013 di Luca Guadagnino e Walter Fasano Bertolucci on Bertolucci, presenti gli autori. Il 25 aprile è poi uscito – ed è ancora nelle sale – Challangers, una vicenda tennistico-amorosa che si svolge in un continuo andirivieni di tempi cronologici  tra il 2006 e il 2019, e su diversi sui campi americani da New York ad Atlanta. A proposito di questo film (che in quel momento doveva ancora uscire) dissi a Luca Guadagnino che nel giudizio io mi sarei accontentato del ruolo di raccattapalle, lasciando volentieri ad altri quello di giudice di sedia. Prevedevo, infatti, che sarebbero stati molti quelli a indicare l’Out!, la palla fuori. E così è stato. Anche se tante valutazione, forse la maggioranza, sono invece positive, entusiaste.

Tashi Duncan (Zendaya) è una talentuosissima e già celebrata giovane tennista americana. Art Donaldson e Patrik Zweig (Maike Faist e Josh O’Connor) sono invece ancora alla prime armi, ma giocando spesso in coppia vincono e progrediscono rapidamente. Incontrano Tashi ad un party serale dopo una sua stupenda vittoria con un’avversaria per lei molto temibile. Si complimentano calorosamente con lei, anche perché sono visibilmente entrambi estasiati dalla sua grazia e sensualità. E Tashi pronuncia una battuta che è anche la chiave di tutto il film: “Sì, l’ho battuta, ma durante la partita si è stabilita una profonda intesa tra noi due, perché il tennis è soprattuttorelazione”. Tashi, anche lei attratta da tutti e due, ha un brutto infortunio in campo che la costringe al ritiro dalle gare. Diventa prima allenatrice, poi anche moglie di uno dei due, Art. Prima, però, aveva avuto una relazione con Patrick, interrotta per il contrasto tra due caratteri di potenza simile ma opposta. In tutto il drammatico andare avanti e tornare indietro della cronologia narrativa, , occorre sembra avere quella battuta di Tashi come un faro nella burrasca sia sul piano tennistico, sia su quello sentimentale. Piani entrambi spettacolari, girati da Guadagnino con inquadrature insolite, con le racchette in primissimo piano e palline gialle sparate in battuta a 210 km/h che sembrano finire direttamente dentro la macchina da presa. Spettacolare l’incontro tra Tashi e Patrick di sera nel vento furibondo di Atlanta. Scena che non può che richiamare quella celebre di Via col vento, in cui Rhett Butler (Clarke Cable) bacia nel tramonto di Atlanta Rossella O’Hara (Vivien Leigh), e questa lo colpisce con un violento schiaffo in faccia. Guadagnino cita, rinnovando genialmente la scena. Tashi sputa rabbiosamente in faccia a Patrick, ma questi la avvolge in un vertiginoso bacio ricambiato, mentre il vento, ad Atlanta, si sta portando tutto via. Insieme al montatore e regista Walter Fasano, guadagnino al realizzato nel 2013 il documentario Bertolucci on Bertolucci, e molte sono i riferimenti e le citazioni tratte dal cinema di quello che lui considera il suo maestro. La scena di Patrick e Art che baciano insieme il collo di Tashi è tratta direttamente dal film di Bernardo Bertolucci del 2003 The Dreamers. Molte altre, però, sono le situazioni e le dinamiche tratte da altre grandi pagine di cinema di cui l’internazionale regista palermitano si è nutrito.

Dice Guadagnino: “Credo che Tashi crei i due uomini, ma venga creata anche da loro”. E proprio il tema della relazione. Perché anche nell’agone sportivo, nel conflitto d’amore c’è relazione. Da giovane Hegel scrive una delle sue più importanti pagine filosofiche proprio sul riconoscimento in amore. La posta in gioco nella cruciale partita esistenziale dell’amore è la vita stessa. Senza il riconoscimento di chi si ama, infatti, è come non esistere proprio, essere nulla. Più tardi questa dialettica hegeliana evolve in quella tra il servo e il signore. Quest’ultimo sfida il primo, proprio mettendo in gioco la sua vita per farsi riconoscere come dominante e costringere l’altro a servirlo. Il servo, però, diversamente dal signore che non si ingegna in nulla per vivere, deve apprendere, capire, studiare, adoprarsi per progredire nell’esistenza, divenendo superiore al suo padrone. Dialettica che poi Marx sviluppa nel conflitto tra classe operaia e capitale. 

Lo scontro tennistico-amoroso è dunque questo piano esistenziale, ontologico e antropologico insieme. Challenger, ossia sfidante, nel significato tennistico è un tipo di torneo organizzato per permettere a giocatori ancora non del tutto affermati di entrare in una fascia superiore della classifica internazionale. A causa del suo infortunio, Tashi è ormai escluda da questa possibilità. La vediamo, però, caparbiamente correggere il manifesto del torneo aggiungendo una esse finale: Challenger-s, al plurale. E anche nella scena della tempestosa sera di Atlanta in auto con Patrick, in un cartellone luminoso nel parcheggio appare il plurale Game-s. Ossia lei è di diritto pienamente in gioco. Proprio in forza della relazione inscindibile, mostrata, in tutta la sua forza espressiva, in un’inquadratura che abbraccia i tre insieme durante il tie-break, ossia la resa dei conti finale non solo tennistica tra loro. La relazione, però, non riguarda solo il tennis e l’amore, ma è a fondamento dell’intera esistenza, non solo umana, ma d’ogni altro aspetto universale. Anche di un furioso smash finale sotto rete. Con la pallina che sembra venire giù dalla luna che appare lassù. Piccola e diafana nel cielo terso, vero d’un giorno di sfida e racchette rabbiosamente fracassate a bordo campo. Vanamente, però: perché sul filo di sentimenti, pensieri e legami autentici, intangibili.

Riccardo Tavani

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