Bella ciao…

“…Andavano col treno giù nel Meridione

Per fare una grande manifestazione

Il ventidue d’ottobre del settantadue

In curva il treno che pareva un balcone…”

l’8 maggio, in totale controtendenza rispetto ai suoni che hanno accompagnato la sua vita, quasi in silenzio, ci ha lasciati Giovanna Marini, colonna portante della ricerca etnomusicale e folklorista italiana.

Giovanna, figlia di musicisti, dopo essersi diplomata al Conservatorio di Santa Cecilia, perfezionò i suoi studi di chitarra classica con Andres Segovia.

Una base di partenza di tutto rispetto che, accompagnata alla passione per la cultura popolare, ha trasformato in Giovanna, la musica in missione. Amava definirsi una “cantastorie” perché quello che preferiva era rappresentare le voci ormai dimenticate, quelle dei canti popolari, o dei canti di lotta di coloro che voce non ne avrebbero avuta ed è stata, quindi, una interprete fedele dei fatti, delle lotte politiche e dell’impegno sociale. 

Riusciva, attraverso le canzoni e la ricerca, a fotografare e ricostruire un tessuto sociale e politico che ha caratterizzato e formato il nostro paese.

Eppure, nonostante la potenza della sua produzione musicale, per molti è rimasta una artista di nicchia, complice, sicuramente, quell’attrazione a cui non riusciva a resistere verso le classi sociali più disagiate. 

La canzone popolare in lei è diventata un nuovo linguaggio, necessario a ricostruire le origini per proiettarsi, poi, nel futuro.

Sua la trasposizione musicale dell’opera di Pier Paolo Pasolini “Le ceneri di Gramsci”, sua la preghiera laica a Dio in “Io vorrei” un inno alla vita, al pacifismo “…

“…Io vorrei che Dio tornasse a… essere il Dio degli eserciti quello che fa tremare i potenti i padroni del mondo i mercanti del tempio i farisei che piangono ai funerali delle loro vittime sacrificali…”

un inno al desiderio di un mondo migliore “

“…E regalasse un altro pianeta a chi non vuole né rubare né sporcare né corrompere né convincere né costringere né sconfiggere ma solo vivere vivere con altra gente e tanto tempo e spazio attorno a sé!”, suo ancora quel monumento storico su tre note che testimonia la solidarietà tra gli operai del nord e quelli del sud nella grande mobilitazione del 22 ottobre 1972: I treni per Reggio Calabria. 

Oltre cinque minuti di canzone, pregna di parole, di sentimenti, di cose vissute e osservate, di paure, di bombe, di sospetti, ma anche e soprattutto di coraggio, tanto, quello servito per raggiungere Reggio Calabria con oltre 18 ore di viaggio tra boicottaggi e ostracismo. Un tuffo nella nostra storia e una stretta al cuore di commozione se paragonato ai nostri giorni.

E poi la Scuola popolare di musica di Testaccio, il Nuovo Canzoniere Italiano, la collaborazione con le migliori teste della nostra cultura, Calvino, Pier Paolo Pasolini, Dario Fo, l’andare avanti e indietro per la penisola alla ricerca della tradizione musicale italiana, la ricostruzione di pezzi di storia che sarebbero andati irrimediabilmente persi. Un patrimonio, una eredità di cui dobbiamo mantenere il ricordo e il rispetto. Una vita regalata alla coscienza degli altri.

Grazie Giovanna. 

Lucia Salfa