Moby Prince: restituiti dopo 29 anni gli oggetti delle vittime
Abbiamo parlato della tragedia della Moby Prince nel numero 5/2020 di Stampacritica e a distanza di due anni dalla relazione finale della Commissione parlamentare d’inchiesta pubblicata a gennaio 2018, di ben 492 pagine, traspare che la tragedia, la più grande della marina mercantile italiana, non è avvenuta per la nebbia o per l’imprudenza del comandante. Nella relazione appare anche la “sostanziale assenza d’intervento” di soccorso che avrebbe potuto salvare vite umane, infine punta il dito sulla procura di Livorno secondo cui le sue indagini sono state “carenti e condizionate da diversi fattori esterni”.
I famigliari attendono gli esiti di due percorsi giudiziari, uno civile e l’altro penale. Il primo contro lo Stato, con citazione in giudizio del Ministero delle Infrastrutture e quello della Difesa per le responsabilità della Capitaneria di Porto, il secondo è alla Procura di Livorno che ha riaperto le indagini.
Intanto dopo 29 anni vengono restituiti gli oggetti di chi era a bordo. Occhiali, documenti, chiavi, orologi e tante altre cose che dimostrano come in alcune parti della nave la morte non sia giunta subito per mano del fuoco, infatti molti oggetti di plastica e carta infatti non sono stati consumati dalle fiamme e questo aumenta ancora i dubbi sulla “sostanziale assenza d’intervento” di soccorso.
Oggetti anneriti dal fumo e dalle fiamme ma che ancora conservano gli istanti di quel momento rendendo più vivo che mai il ricordo di quella sera in cui morirono 140 persone.
Il 10 aprile scorso ricorreva l’anniversario della tragedia della Moby Prince, nessuna commemorazione pubblica è stata fatta per via delle restrizioni dovute all’emergenza coronavirus ma i famigliari delle vittime si sono rivolti alle più alte cariche dello Stato affinché non vengano dimenticati quei morti.
Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella afferma: “Sono trascorsi ventinove anni da quella tragica collisione, nella rada del porto di Livorno, che costò la vita a 140 persone, passeggeri e componenti dell’equipaggio della Moby Prince. Il ricordo del disastro in mare, il più grave per numero di vittime della nostra recente storia, è incancellabile non soltanto per quanti patirono lo strazio indicibile di veder spezzati gli affetti più cari, ma per l’intero popolo italiano. In questo giorno di memoria, che l’emergenza sanitaria nazionale impedisce oggi di celebrare comunitariamente, desidero rinnovare la mia vicinanza ai familiari di quanti vennero travolti dallo schianto e dalle fiamme, e a coloro che ancora sono impegnati per giungere a una completa ricostruzione dei fatti, in modo da dissipare dubbi residui e incongruenze. La ricerca di una piena verità sulla tragedia, inaccettabile nelle sue modalità, resta un dovere civile che le istituzioni sono chiamate a perseguire. Le conclusioni della Commissione parlamentare d’inchiesta, istituita nella passata legislatura, possono contribuire a fornire risposte alle domande esigenti dei familiari, delle loro associazioni, della città di Livorno che della tragedia è stata testimone. Al tempo stesso, il ricordo del disastro della Moby Prince impone a tutti, istituzioni e operatori, un rigoroso rispetto delle regole di sicurezza affinché il trasporto di passeggeri e di merci possa svolgersi secondo standard adeguati e con garanzie che costituiscono un pieno diritto”
Il Presidente del Senato Elisabetta Casellati ha ricordato: “Le famiglie colpite dalla tragedia, così come l’intero Paese, ancora attendono di conoscere tutta la verità su quanto successo quella terribile notte al largo del porto di Livorno. Le Istituzioni – ha concluso – hanno il dovere di non dimenticare e di non lasciare nulla di intentato affinché venga fatta piena luce sul più grave disastro della Marina Mercantile italiana dal Dopoguerra a oggi.
I famigliari delle vittime della Moby Prince ricercano verità e giustizia e lo Stato per senso di responsabilità non può sottrarsi da questo obbligo.
di Eligio Scatolini e Giuliana Sforza