Diario India, Il Sigillo di Dio

Parliamo tutto il giorno con gli indiani della necessità di ripartire dal Centro profondo dentro di noi, che l’amato p. Angelo Benolli chiamava “Sigillo di Dio”, riprendendo il nome dall’Apocalisse di Giovanni. 

“La Vita è in noi, ma non è nostra” scrive p. Benolli in Uscire da ogni inganno, radicandosi consapevolmente e profondamente in quella tradizione millenaria di cattolicesimo latino che da Tertulliano arriva ad Ambrogio per sfociare nell’Oceano Agostino, il quale nelle Confessioni scrive: “Tu autem eras interior intimo meo” 

La Vita, Dio, è più interiore in noi del nostro intimo, è in noi, ma non è nostra. 

Qui le persone vanno, però, al sodo. 

Questa ricerca di Dio non è che la pensano, o la dicono: la sentono, la vivono, la soffrono. 

Parlano di sofferenze concrete, spesso con le lacrime agli occhi, specialmente le donne, le mamme. 

Chiedono come possono amare i propri figli, come possono guarire dalle sofferenze che vivono, come possono spezzare le catene sociali, tradizionali, religiose che le opprimono, come possono proteggere i propri bambini dalle ferite che con tanta autenticità sentono dentro di sé. 

Italia Solidale, con semplicità, spiazza queste persone sorprendendole e testimoniandogli che sono “create da Dio per essere missionarie” cioè, in definitiva, per amare. 

Loro chiedono amore e gli viene risposto che hanno il potere di amare. 

È quello che faceva Gesù, che ai poveri che chiedevano pane rispondeva “panta dunatha to pisteuonti” tutto è possibile a chi crede, “il Regno di Dio è dentro di te”. 

Quello della missione è un carisma profondamente evangelico, eminentemente cristiano. 

A p. Benolli va riconosciuto il merito di averlo saputo rinnovare radicalmente, dandogli un timbro unico, con intuizioni future e feconde, e di averlo saputo trasmettere e comunicare, portandolo con rinnovato slancio nel XXI secolo. 

In India è pieno, da millenni, di Vie che conducono al Centro della grotta del cuore. 

Ramana Maharshi, grandissimo mistico indiano di inizio XX secolo, scriveva che in seno alla cripta del cuore sgorga la Fonte di tutto l’Essere, che ci assume in Sé e ci rivela quello che siamo trasformandoci in esso. 

Lo sento vero, questo, molto vero. 

Ramana Maharshi era un grande missionario, e non lo era parlando, spiegando o insegnando, ma lo era in silenzio. 

Si radicava al Centro di Sé, e negli altri, stando zitto, toccava Dio. 

Non è che diceva di fare silenzio, taceva. 

Tutto questo è molto vero, profondo, meraviglioso, e tuttavia questo fatto della missione, di cui si discute continuamente in questo incontro, mi sorprende e mi interroga sempre di più. 

Sarebbe quel passo ulteriore rispetto all’ interiorità, sarebbe uscire dalla grotta, 

sarebbe avere il coraggio folle di De-Centrarsi, per raggiungere l’altro e testimoniargli non un dogma o La Verità, ma la vita con la vita. 

La Vita inizia a parlare solo quando si fa Silenzio. 

Si tratterebbe di uscire dalla grotta, anzi, accenderci un fuoco e far sedere anche un altro, offrendogli il cibo dell’Anima. 

Padre Angelo era convinto che siamo chiamati a dare agli altri proprio ciò che ci è stato negato, e che dando agli altri l’amore che non ci è stato dato, entriamo in quelle stesse nostre ferite e le curiamo, risorgendo dalla morte dell’isolamento. 

Che poi non è altro che un modo unico e irripetibile di ri-lanciare l’eterno comandamento del Maestro: amatevi gli uni gli altri, come io vi ho amato, non c’è amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. 

Io vi ho chiamato amici. 

Santa Teresa affianca p. Angelo, dicendo – folle e per questo perseguitata dai “cattolici” per tutta la vita – alle sue giovani allieve: “non c’è capo, vescovo, superiore, che può impedirvi di scendere nel Castello Interiore, dove potete incontrare Dio, trattandolo come un Amico”. 

Sono come un bambino nel paese dei balocchi vero, sono molto gioioso. 

Vivo una quaresima piena di gioia e fermento, e questo non è scontato. 

Niente è scontato. Questo la vita, facendomi soffrire, mi ha insegnato. 

Niente è scontato. 

La sofferenza è stato il dono più grande che la vita mi abbia fatto, perché senza di essa io non comprenderei nulla del valore di questi momenti inestimabili. 

La sofferenza è una scuola che scava in noi la capienza per raccogliere una Gioia che altrimenti non potremmo concepire. 

Nella nostra Sofferenza sta scritto il destino di amore che possiamo essere, donandoci proprio a partire da dove fa male. 

E poi, appunto, arriva lei, questa meravigliosa piccolina, e ogni ragionamento o parola si oscura, tutto tace. 

Non rimane niente altro che le impronte dei piedi scalzi di Dio nel profondo dei suoi occhi indiani. Amen.

Giacomo Fagiolini

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