L’umorismo superstizioso

Una commedia tragicomica in stile “napoletano”, per napoletano si intende stile Goldoni-Moliere. Non una riduzione ma un complimento al vero teatro umoristico popolare. La fusione del teatro europeo e italiano condensato in uno spettacolo in grado di coinvolgere il pubblico in ogni battuta. L’umorismo identificato come “sentimento del contrario” in cui l’attore o attrice, è parte integrante e funzionale alla realizzazione del sentimento umoristico in tutte le sue eccezioni.

Al teatro Vittoria di Roma va in scena “Non è vero ma ci credo” di Peppino De Filippo, per la regia di Leo Muscato con la compagnia di Luigi De Filippo, sostituito negli ultimi anni da un bravissimo Enzo Decaro, già del trio La smorfia di Troisi.

L’umorismo dei tic della borghesia, ridicolizzata in modo intelligente dal ritmo incalzante delle battute delle attrici e degli attori, ognuno ben posizionato nel proprio ruolo. Un grande Enzo Decaro rende credibile fino all’inverosimile l’ossessione della superstizione con cui si misura quotidianamente su ogni questione. Un palcoscenico senza senza orpelli scenografici lascia ampio spazio alla gestualità, che espande lo spazio di ogni attore non solo nella mimica ma anche negli sguardi e nei non detti. Un gioco irriverente fatto di rimandi, inganni e disinganni, con finale a sorpresa, in pieno stile De Filippo, grazie alla sapiente regia di Muscato, che ci fa cogliere anche personaggi tipici di Moliere e Goldoni. Questa la vera forza umoristica della drammaturgia espressa dalla piena recitazione di Decaro e dei sui compagni/e di palcoscenico. “La superstizione è una scienza esatta…” una battuta che mette al centro della commedia tutte le idiosincrasie di una borghesia ossessionata dalla magia e intenta a fare ogni scongiuro con amuleti dozzinali e ricorrenti.

Applausi ad ogni scena e ad ogni cambio scena. Il pubblico si sente parte degli scongiuri ma anche parte delle superstizioni, dal gatto nero, al gobbo, dal ferro di cavallo al peperoncino. Ognuno in sala ha in tasca almeno un amuleto anche se ride della ossessione del protagonista: un po’ come l’oroscopo a cui nessuno crede però in molti lo leggono.

Una commedia scritta nel 1942 ma sempre attuale, una comicità assurda e ricca di complesse sfumature, una farsa nella farsa in cui l’umorismo è la chiave di lettura di un tic tipicamente italiano, non solo napoletano, questa la grande intuizione di Peppino De Filippo nel descrivere l’incapacità di ognuno di prendere decisioni di venerdì. Ancora oggi in tutta la penisola si dice e si ripete ad alta voce “ né di Venere né di Marte non si comincia e non si parte”. Molto di più di un luogo comune e Peppino con questa commedia riesce nell’intento di mettere alla berlina tutta l’Italia fascista e post-fascista, borghese e popolare, nessuno escluso. Sul palco del teatro Vittoria il successo è anche e soprattutto del regista Leo Muscato e del protagonista Enzo Decaro. Il comico e l’umorismo entrano in relazione e si fondono come concetto basilare d’intendere il dramma, la commedia e la sua messinscena: l’avvertimento del contrario, in cui si svela il finale dall’incontro di due realtà contrastanti, tipico del teatro di Peppino De Filippo.

Claudio Caldarelli

 

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