Medici Senza Frontiere e Magnum Photos. Al MAXXI la mostra che racconta 50 anni di collaborazione

La stretta correlazione tra azione umanitaria e azione di testimonianza è nel DNA di Medici Senza Frontiere e ne costituisce l’essenza fin dalla sua fondazione, di cui quest’anno ricorrono i 50 anni. Nel 1971 infatti, un gruppo di medici e giornalisti fondarono l’organizzazione di emergenza Medici senza Frontiere, non solo per fornire soccorso alle popolazioni in difficoltà, ma anche per testimoniarne le condizioni di vita. Da allora, Medici senza Frontiere e l’agenzia fotografica Magnum, lavorano insieme per prestare aiuto ai più vulnerabili e per raccontare le loro storie di vita sconvolte dai conflitti, dalle catastrofi naturali, dalle malattie.

Al Museo MAXXI di Roma, fino al 14 novembre, sarà possibile visitare la mostra “Guardare Oltre” – MsF e Magnum: 50 anni sul campo, tra azione e testimonianza. Noi di Stampa Critica siamo andati il giorno della sua inaugurazione, sabato 6 novembre, per ripercorrere attraverso fotografie e narrazioni, i 50 anni di collaborazione tra l’organizzazione medica e i fotografi della Magnum che, con i loro obiettivi, hanno fissato per sempre disastri politici e sociali; ma anche la forza e la resilienza di chi li ha subiti e li subisce, nel silenzio e tra l’indifferenza del resto del mondo.

Nel 1999 MSF viene insignita del Premio Nobel per la Pace. In quell’occasione, il Presidente Internazionale James Orbinsky, nel suo discorso disse: “Il silenzio è stato a lungo confuso con la neutralità, ed è stato presentato come una condizione necessaria all’azione umanitaria. Dalle sue origini, MSF è stata creata per opporsi a questa tesi. Non siamo sicuri che le parole possano salvare delle vite, ma sappiamo con certezza che il silenzio uccide. Da più di 28 anni, la nostra azione di basa su questa etica del rifiuto”.

Furono infatti proprio alcuni medici partiti per il Biafra nel 1969, poi confluiti in MSF, a violare il principio di neutralità a loro imposto dal Comitato Internazionale della Croce Rossa.

Si perde la concezione del tempo davanti a quegli occhi, a quelle immagini, perlopiù in bianco e nero, che trafiggono e inchiodano.  Dal primo programma medico su larga scala nei campi profughi in Thailandia, passando per il Libano, l’Afghanistan, l’Etiopia, la Somalia, il Ruanda, il Kosovo, il Darfur, il Niger, la Siria, fino al terremoto di Haiti, l’HIV ( con le foto del fotografo italiano Paolo Pellegrini) e l’epidemia di Ebola (volutamente senza foto per evidenziare il momento che stiamo vivendo) sono sempre gli occhi di chi ha conosciuto ogni genere di violenza a scalfire lo sguardo del visitatore; anche quando sono rivolti altrove, in basso, ad un figlio. E sono le conseguenze dei conflitti, il più delle volte, a tratteggiare la linea invisibile che lega un’immagine alla successiva.

Nella parte centrale della sala è stata allestita una serie di 4 nuove produzioni che contengono alcuni scenari di crisi attuali nei quali MSF è impegnata in prima linea. Tra queste la crisi in Trigray e il viaggio dei migranti sudamericani sui treni della morte di cui Stampa Critica si era occupata nei numeri precedenti.

La mostra è gratuita previa prenotazione e obbligo di green pass.

di Nicoletta Iommi

 

 

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