Chiusura domenicale dei negozi: pro e contro della proposta di legge avanzata dal governo M5S-Lega
“Stop nei weekend e nei giorni festivi, per centri commerciali e negozi con turnazioni”. Da quando il ministro dello Sviluppo Economico e del Lavoro, Luigi Di Maio, ha manifestato alla Fiera del Levante, a Bari, l’intenzione del governo di veder approvato un decreto legge che disponga la chiusura di negozi e centri commerciali entro la fine dell’anno, è impazzata la protesta. L’opinione pubblica è divisa tra chi, soprattutto gli addetti ai lavori, chiedono domeniche libere per stare in famiglia e chi prevede catastrofi in termini di profitti e perdite di posti di lavoro. Federdistribuzionie, voce della grande distribuzione moderna organizzata, ha parlato di possibili 30 o 40 mila posti a rischio nel settore. Eppure in Germania c’è uno dei tassi di disoccupazione più bassi d’Europa e la domenica le saracinesche sono tassativamente abbassate.
Dal momento che guardiamo al resto del continente per ogni cosa, vediamo come funziona in Europa. In 16 stati su 28 non si pone alcun tipo di limite all’apertura dei negozi, sia in termini di orario che per le domeniche e i festivi. In Italia la piena liberalizzazione è stata disposta dall’articolo 31 del decreto “Salva Italia”, ddl 2014/2011, del governo Monti. Allo stesso modo la pensano Malta, Ungheria, Finlandia, Svezia, Portogallo e molti altri. Curioso il caso della Danimarca che prima ha messo fine alla liberalizzazione, per poi tornare ad aprire i battenti in qualsiasi giorno. Irremovibili invece Germania e Francia dove il riposo domenicale per i dipendenti è una regola. Fanno eccezione negozi di beni alimentari che possono rimanere aperti fino alle 13 e se proprio è necessario lavorare di domenica in un negozio di oltre 400 mq la paga oraria beneficia di un incremento del 30 per cento. Il modello spagnolo rappresenta un buon compromesso. Ogni comunità decide quante volte rimanere aperti: di solito la maggior parte non supera le 10 domeniche l’anno.
Ognuno dunque pensa a sé: l’unico vincolo posto dall’Europa in materia di lavoro è un giorno di riposo ogni sei. E non deve essere per forza la domenica.
Per Luigi Di Maio gli annunci di Federdistribuzione sono “il solito terrorismo”. “Questa misura è chiesta da tutti i padri e le madri di famiglia che lavorano in numerosi negozi”, fanno sapere dal governo gialloverde.
La Lega però corregge il tiro: lo stop non riguarderà le città molto turistiche e lo si deve contestualizzare nei termini di una turnazione. Per non disabituare i cittadini, ormai avvezzi a fare la spesa solo la domenica, a turno rimarrà aperto il 25 per cento degli esercizi in città. A chi spetta decidere chi sarà aperto e chi no? A sindaci e diretti proprietari dei negozi.
Si fa presto a dire “chiudiamo la domenica”, ma il tema ha mille sfaccettature: in un Paese già martoriato, come il nostro, in termini di posti di lavoro è bene accertarsi che la disposizione non abbia conseguenze; inoltre questa misura da un lato potrebbe incentivare le vendite on line a discapito dei negozi e dall’altro potrebbe rilanciare le piccole e medie imprese.
Il paradosso è nell’inversione delle parti: chi potrebbe salvarsi dalla luce ai neon dei centri commerciali non ci pensa due volte a mettere da parte un bel prato o un buon pranzo. Davvero non c’è niente di meglio da fare? Suvvia, siamo in Italia e di bello c’è rimasto solo il panorama.
di Irene Tinero