In aumento i femminicidi: una vittima ogni tre giorni
Una ogni 72 ore, una strage senza fine, uno sterminio che lascia senza parole, uno scempio che richiede il coraggio di agire, una carneficina che invoca norme certe e sentenze spietate come lo sono le efferatezze compiute dagli assassini.
Dal primo gennaio al 21 novembre di questo 2021, su 263 omicidi commessi in Italia, in 109 casi la vittima era una donna. E l’assassino qualcuno che avrebbe dovuto amarla: 93 sono state uccise in ambito familiare e affettivo, 63 di loro per mano del partner o di un ex.
Va sempre peggio. Rispetto allo stesso periodo del 2020 – quando le vittime furono 101 — i femminicidi sono cresciuti dell’8%, rivela l’ultimo report della Direzione Centrale della Polizia Criminale pubblicato dal Viminale in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne che si celebra ogni 25 novembre.
«I femminicidi non sono omicidi qualsiasi: sono donne uccise in quanto donne, vittime di una violenza che si nutre di ignoranza, pregiudizi e omertà», dice la presidente del Senato, Elisabetta Casellati. «È una battaglia di libertà, giustizia e civiltà che non possiamo permetterci di perdere, in difesa di ogni donna costretta a vivere inaccettabili condizioni di paura, pericolo, solitudine o vergogna».
Per la ministra della Giustizia Marta Cartabia i femminicidi sono «una vergogna della nostra civiltà. Troppe le donne uccise, troppe le richieste di aiuto non tempestivamente raccolte. La gravità dei fatti richiede di ripensare le norme. Siamo al lavoro per rafforzare gli strumenti di prevenzione».
Nel pacchetto, aumento di pena per i delitti di percosse e di lesioni, procedibilità d’ufficio, estensione del braccialetto elettronico. Occorre rivedere e ritoccare la normativa ma di certo occorre anche un maggiore coordinamento tra le istituzioni perché alla fine, troppo spesso, se chi denuncia compie un forte atto di coraggio è pur vero che alla fine queste donne vengono lasciate sole, in balia dei loro carnefici, senza protezione, senza ascolto se si escludono le associazioni di volontariato. Perché troppo spesso chi denuncia rischia ancora di più tornando a casa e allora i dati di cui disponiamo sono solo quelli ufficiali. Immaginate quanto maggiore sia il sommerso, i casi mai rivelati, taciuti, negati, smentiti, ritrattati.
Secondo i dati del Viminale la maggior parte delle vittime (il 34%) ha più di 65 anni. Il 45% degli assassini ha un’età compresa tra 35 e 54 anni. In forte crescita i reati di deformazione dell’aspetto della persona con lesioni permanenti al viso (+35%), come i casi di revenge porn (1.099 + 45%) e le violazioni dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare (+10%).
Per il 25 novembre molte sono state le iniziative in programma.
Fino a tarda sera la facciata di Palazzo Madama, che alle 10 ha ospitato l’evento «No alla violenza. Il grido delle donne» (presentato da Barbara De Rossi, interventi di Claudia Gerini e Grazia Di Michele, diretta su Raiuno) è stata simbolicamente illuminata di rosso.
Come l’aeroporto di Fiumicino, il Colosseo, la Piramide Cestia e il ministero dell’Istruzione: alle 10.30 flash mob sulle scale di viale Trastevere alla presenza del ministro Patrizio Bianchi: «La scuola dice no all’odio e agli abusi».
Eppure forte è la sensazione di far riemergere, come spesso accade anche per altre problematiche, i casi di femminicidio solo nella giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Eventi, trasmissioni, iniziative di ogni genere che sia pur motivati dalle più nobili intenzioni di dare una scossa alla risoluzione del problema, ci lasciano la sensazioni di ascoltare solo parole.
Frasi efficaci, progetti di speranza, discorsi eloquenti, orazioni convincenti, dibattiti persuasivi. Si rimane però con quel sentore che subito lascia il posto ad una rassegnata certezza, che poco si cercherà di fare e nulla verrà realmente risolto.
E di parole, di edifici che si colorano di rosso, di iniziative che rimangono sulla carta noi non abbiamo più bisogno. Ora vogliamo fatti e mai più solo parole, vogliamo ciò che un paese civile dovrebbe garantire: giustizia, dignità per chi è fragile e indifeso, protezione e pene severe per chi si macchia di simili nefandezze, di crimini così efferati che non possono essere sminuiti da nessuno, men che mai dalle persone che ci governano.
Perché questo “non fare” è un’ulteriore forma di violenza che si aggiunge alla violenza subita.
di Stefania Lastoria