Taco Trump e il dazio della foga basso imperiale

Taco: acronimo o acrostico? Entrambe le cose. È infatti una sigla coniata dal giornalista Robert Armstrong del Financial Times. Come acronimo, sta per “Trump Always Chicken Out”, ossia “Trump fa sempre marcia indietro”, è un vigliacco, un codardo, riferito al suo lanciare vertiginose percentuali di aumento dei dazi doganali, per poi regolarmente ritirarle indietro. Al contempo, però, la sigla è anche un acrostico, perché le sue iniziali formano una parola di senso compiuto. Taco, infatti, è quella particolare focaccia messicana di mais farcita pollo, formaggio, verdure e salsa piccante. Entrambe le cose fanno infuriare il Presidente, perché essere irriso con un termine messicano è forse peggiore che dargli del cacasotto. 

A un cronista che gli domanda il motivo della sua rabbia verso questo acronimo-acrostico, risponde che nessuno deve permettersi più di usarlo, perché la sua non è per niente un farsela sotto, ma, anzi, un’abile e alta tattica negoziale. Spara cento per avere venti, o dieci, o anche cinque, quello che sarà, l’importante è portare qualcosa a casa. Sembra inverosimile, perché questo ammette che le controparti trumpiane – ossia tanto di statisti ed economisti di levatura mondiale – si dimostrino dei perfetti beoti da cascare dentro il suo non trappolone, ma trappolino, vecchio quanto il mestiere più antico del mondo. E – pazzesco solo a pensarlo – in effetti questi si dimostrano dei perfetti idioti e diarroici, prostrandosi a lui. Corrono a implorare sconti, rinvii, scambi-merci, scambi in natura, e via sempre più prostituendosi. In parte, solo i cinesi hanno risposto: “Tu spara pure i tuoi dazi, che noi cannoneggeremo i nostri”. La cosa, però, più catastroficamente assurda è che i cosiddetti Mercati, diabolici e sacrosanti insieme, gli credano, gli vadano dietro. Invece di disarcionarlo dal suo folle cavallo a dondolo napoleonico, danzano con lui il tarantolato Ballo di san Vito. Facendolo, soprattutto, ballare all’intero mondo del lavorato, famiglie, aziende, Borse, titoli, valute.

Che non si formi non una santa, ma una Sana Alleanza, una coalizione razionale internazionale che riconduca l’Impero alla civiltà, significa solo che tutto il potere planetario è in preda alla follia. Allo strazio dei dazi sfrangiati trumpiani corrisponde, infatti,  quello altrettanto demenzial-daziale dei V-i-olenterosi. Sono codesti quella combutta di statisti perbenisti, anch’essi con cappello bicorno napoleonico e carrarmati – purtroppo non a dondolo – che hanno compattato la loro follia in quell’unico immane dazio che si chiama guerra. Allo sgangherato sovranismo reazionario e razzista dell’acronimo Maga, Make America Great Again, Fai l’America ancora grande, potrebbero rispondere coniando l’acrostico Dash, ossia Do Army Sake Heat, Fai l’esercito ragione e ardore. Acrostico, perché Dash, in inglese, non è solo una sigla, ma anche una parola di senso: Foga. All’altare della foga bellica i non trumpiani tanto gentili e onesti, infatti, stanno sacrificando sempre più pesantemente diritti&redditi, ossia gli ultimi concreti emblemi della civiltà sociale.  

Ma non solo il potere è in preda a follia e foga. Ne è alla mercé anche chi lo vota, lo sostiene, ci crede, perché per dirla fuori dai denti con il linguista americano Henry Louis Mencken “Il demagogo è uno che predica dottrine che sa false a gente che sa cretina”. E nell’era del declino di politica e democrazia, la scelta che resta è solo nello stile, nella sartoria, nell’oratoria più vicine ai diversi gusti estetici, non nel fatto che chi le sfoggia non sia comunque un demagogo. Alle stessa stregua, il fondatore del Circo Barnum, ossia uno che se ne intendeva di pagliacciate acclamate in massa sotto i tendoni, scolpiva: “Più grosso è l’imbroglio, più piacerà alla gente”. Dal sottosuolo del basso impero per ora è tutto.

Riccardo Tavani

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