Da una sponda all’altra del tecno-biliardo planetario

Tutti rigurgiti e borborigmi auscultati nel sottosuolo e qui segnalati stanno salendo in superficie con l’assordante martellamento dei grandi lavori di scasso terrestre. Cinghiale Zoppo Biondo, non essendo riuscito a combinare assolutamente niente – come da noi preannunciato – si è messo a giocare la bazzica del “Bomb No Bomb”, con il suo pari Belli Capelli di Pyogyang. Un altro Bimbominkia dalla scorreggia a fungo atomico. Il vuoto trumpiano deve almeno evocare l’eco di un possibile boato planetario. Il bombardamento americano in Siria era stato il primo colpo di una rischiosa carambola, essendo immediatamente chiaro che la seconda sponda sarebbe stata la Corea del Nord, per bocciare la ben più consistente biglia del Dragone Pechinese. Il successivo sgancio della Bomba Madre in Afghanistan – proprio mentre Donald riceveva in visita ufficiale il Presidente cinese Xi Jinping – non lasciava equivoci. Così, non appena annunciato dal Pentagono che la portaerei yankee “Carl Vinson” avrebbe incrociato a largo delle acque coreane, ecco che i cinesi varano e fanno filare sul pelo dell’acqua la loro nuovissima Liaoning, super-portaerei altamente tecno-armata. Garbato, suadente monito orientale a non tentare colpi che possono sgarrare il panno verde del biliardo. Ormai i primi cento giorni del nuovo presidente americano sono scaduti. Con nessun risultato concreto in mano. Non gli resta che un annuncio. Quello di un pirotecnico abbattimento delle tasse e mirabolante piano fiscale. Ne riparleremo a misure varate e non solo annunciate. Intanto non è chiaro dove attingerà le risorse e – soprattutto – se la cura non sarà peggiore del male che vuole curare, dato che essa sembra destinata a far salire vertiginosamente il già iperbolico debito pubblico americano.

Dall’altra parte dell’oceano, ossia sulle sponde europee, si è avvertito forte un boato, ma di cui, forse, non si è ancora del tutto compreso l’ampiezza delle ripercussioni. Quello del primo turno delle elezioni presidenziali in Francia. Se lo è aggiudicato Emmanuel Macron, con un leggero scarto su Marine Le Pen. Il ballottaggio si svolgerà tra loro due. Ma qual è la vera scena su cui svolge? Una scena di macerie. I due pilastri fondamentali della costituzione francese – socialisti e repubblicani – sono crollati, sprofondati nel sottosuolo. Rimangono due formazioni, il “Front National” di Le Pen e “En Marche!” di Macron. Entrambi non solo hanno poco a che fare con la grandezza dell’epoca repubblicana d’oltralpe, ma ne rappresentano la fine. Il sovranismo lepeniano è un revanscismo di ritorno, una rivendicazione quasi mitologica di radici nazionali ante conflitto bellico mondiale del secolo scorso. La formazione di Macron – allestita appena lo scorso anno – quasi neanche esiste, nel senso che non ha alcun vero radicamento territoriale, quadri e dirigenti espressione di situazioni regionali, sociali, culturali diffuse. La sua formazione, provenienza, crescita politica sono puramente “interne”, senza quasi alcun ambiente esterno. Interne agli apparati amministrativi di stato e bancari, finanziari e industriali, di partito e ministeriali. Lui transita solo per crinali in alta quota, fino a diventare consigliere economico di Hollande e poi Ministro dell’Economia e del Digitale dal 2014 al 2016, anno in cui fonda il suo movimento per allinearsi ai nastri di partenza delle presidenziali. “Economia e Digitale” lo connotano bene. Ossia connotano bene l’epoca che lo mette in scena e lo fa ascendere. L’epoca della tecno-finanza globalizzata. La fine dell’epoca classica repubblicana è anche la fine di una veste della politica, della democrazia, delle sue solide rappresentazioni partitiche. Il richiamo revanscista della Le Pen ha la sua grande forza proprio in questo oltrepassamento, superamento tecno-elettronico della Republique. Il bivio – non solo per la Francia – è proprio questo: autoritarismo di ritorno o futuro dominio a-democratico della tecno-scienza.

Sull’altra sponda dell’Atlantico ha prevalso per il momento il primo volto, quello scolpito nei capelli, nei tratti somatici e caratteriali di Trump. Abbiamo visto, però, con quale scia di vuoto e d’impotenza davanti a sé. La Cina di Xi Jinping sembra aver innestato direttamente le radici del tradizionale autoritarismo, prima imperiale poi comunista, dentro la nuova elettro-cablatura dello spazio politico interno e geo-strategico esterno. Il ballottaggio francese ci lascerà con il fiato sospeso fino al giorno del voto finale. Niente, infatti, poteva più plasticamente configurare la grandezza storica della contraddizione in cui si dimena strutturalmente l’Europa e, con essa, il futuro dell’intera civiltà occidentale. Chiunque dei due contendenti alla fine vinca, le biglie continueranno a bocciarsi e battere sulle sponde di un biliardo sempre più tecnologicamente armato, attrezzato e per questo alla ricerca di un diverso possibile gioco planetario.

di Riccardo Tavani

 

Print Friendly, PDF & Email